Analizzando ben 1.011 scuole distribuite in quattro regioni italiane: 453 in Lombardia, 213 in Piemonte, 179 in Emilia Romagna e 166 in Calabria, la Fondazioni Agnelli ha potuto ricostruire la carriera universitaria di circa 145.000 giovani a partire dalle informazioni raccolte dalla Anagrafe nazionale degli studenti universitari, che raccoglie i dati amministrativi ricevuti dalle segreterie di ateneo.
“Questa operazione permette di trarre indicazioni utili sulla qualità delle “basi” formative acquisite e dunque sul lavoro svolto presso le scuole superiori di origine”, scrivono i ricercatori della Fondazione Agnelli che hanno analizzato i crediti, gli esami, i voti ottenuti, il tipo di corso dei ragazzi iscritti al primo anno nelle università.
“Siamo consapevoli dei limiti di una ricognizione di questo tipo”, dice Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, “tuttavia ci piacerebbe arrivare presto a un monitoraggio nazionale. Quando abbiamo iniziato, tre anni fa e soltanto per il Piemonte, ci sono state molte reazioni piccate. In seguito, a poco a poco, ha prevalso il desiderio di capire e si è innescato un dibattito positivo tra insegnanti e dirigenti scolastici. Interrogarsi su come le scuole preparano all’università è forse un piccolo tassello, ma decisivo per impostare il futuro”.
Nasce così una prima valutazione che è volta a conoscere se la scelta dell’università, e quindi il tipo di approccio con l’ordinamento, sia condizionata dalla frequenza di un determinato corso di studio scolastico e quindi capire se la scuola di provenienza abbia dato sufficienti elementi critici e formativi per scegliere la facoltà.
I risultati sono per certi versi sorprendenti. Nelle quattro regioni esaminate appare buona la qualità degli istituti tecnici, mentre si registra comunque un certo “vantaggio relativo” dei liceali perché già frequentati da studenti più “bravi” e di estrazione socio-culturale più elevata.
I ragazzi della provincia, fra l’altro, hanno in genere performance universitarie migliori, forse perché subiscono un controllo sociale più attento o forse perché i costi sono più gravosi e bisogna fare in fetta e bene. Deludenti quasi tutte le scuole non statali, nonostante alcune realtà di eccellenza come in Lombardia e Piemonte, dove a Torino, i Salesiani del liceo Valsalice, sono al nono posto.
In Calabria sono stati esaminati 23.497 studenti.
“Il primo ranking, quello per “effetto scuola”, dice Gavosto, “è un’indicazione importante per i responsabili della politica scolastica nazionale e territoriale. Però è bene notare che questo approccio è valido soprattutto nel caso in cui l’esito privilegiato dagli studenti di una data scuola sia proprio il proseguimento degli studi all’università, come avviene nei licei. È il motivo per cui non abbiamo considerato nel nostro “esercizio” gli istituti professionali”.
Al contrario, la scelta di inserire gli istituti tecnici deriva dal fatto che più della metà dei loro diplomati si iscrive all’università.
Ascolta subito la nuova puntata della rubrica “Educazione in Evoluzione” tenuta da Matteo Borri dal titolo: “Ma (a che) serve…
Vendicarsi con i docenti, considerati troppo severi, fotografando la targa della loro auto per poi…
Da qualche anno, soprattutto dopo la pandemia da Covid, assistiamo ad una crescita di casi…
La Corte Costituzionale ha bocciato ben sette punti nevralgici della legge sull’autonomia differenziata tra cui…
Frequentemente si confondono due termini: bravata e reato. In realtà si tratta di due situazioni ben…
Continuano le prese di posizione sulle parole pronunciate dal ministro Valditara in occasione della inaugurazione…