Si presenta così il piano di Renzi per la scuola, con il proposito di assumere 150mila docenti.
Il Piano Scuola è stato rivelato il 3 settembre, comprende 136 pagine. Noi ne abbiamo fatto un’analisi dettagliata, capace di cogliere tutti gli elementi di criticità del piano stesso.
Di straordinario c’è solo la sanzione che l’Unione europea ha riservato all’Italia per l’i “infrazione della direttiva 1990/70/CE relativa al lavoro a tempo determinato” che prevede l’assunzione dopo tre anni consecutivi di lavoro con lo stesso tipo di contratto e con lo stesso ente o azienda, così come viene candidamente confessato a pg. 36.
La “straordinarietà” alla quale è chiamato il nostro governo di fatto risolve solo per metà la necessità di assunzioni, in quanto i pensionamenti nella scuola dal 2005 al 2013 sono stati di 314.052 unità. Mancano all’appello quindi circa altri 150.000 docenti, mentre gli studenti sono aumentati di 162.953 unità.
Il tutto quindi a costo zero, ed a conti fatti anzi ci sarà un risparmio.
Facciamo due conti. In questi 150mila vi sono tutti gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e i vincitori dell’ultimo concorso. Tutto esaurito, tutto abolito. O quasi.
La nuove assunzioni infatti prevedono la composizione di cattedre anche con spezzoni e la costituzione di un contingente di supplenti di ruolo che avranno l’incarico di coprire le supplenze brevi sparse nelle varie scuole. Rimarrà una sola fascia nelle graduatorie di istituto, riservata solo a docenti con abilitazione e che dovrebbero avere incarichi temporanei rimasti scoperti dai supplenti di ruolo.
Rimangono al palo i docenti di terza fascia, quelli che dovrebbero “estinguersi”, o meglio scomparire perché non sono “storici” e non hanno abbastanza titoli. Così come al palo rimangono anche i quasi 9.500 tra congelati SISS e laureati in scienze della formazione primaria, che non sono stati inseriti nelle GAE, e che saranno inseriti nel Piano di Assunzione in caso di “un numero significativo di rinunce volontarie” (pg.28).
Per il futuro le assunzioni avverranno solo per concorso, nulla specificando ancora una volta se i rimasti nelle graduatorie di istituto avranno qualche canale privilegiato nel concorrere.
Saranno invece accolti “con riserva” i 22.500 che in autunno inizieranno il TFA.
Le nuove assunzioni avranno una nuova definizione di status giuridico che regolerà il rapporto di lavoro e quindi “le norme relative all’assunzione, allo svolgimento delle prestazioni lavorative, alla cessazione di lavoro” (pg. 50).
Non entra nel merito della definizione salvo per quanto riguarda il “nuovo meccanismo di progressione di carriera”.
La straordinarietà è proprio in questo: il nuovo criterio sarà nel merito, per il quale ogni docente accumula punti con i crediti didattici, formativi e professionali con i quali potrà dimostrare quanto vale (pg. 52). A fianco della capacità didattica, la preparazione ed il lavoro in classe, costituiranno crediti la formazione continua e la propensione a svolgere le altre attività, ossia funzioni obiettivo, progetti e incarichi vari. Questo modificherà radicalmente i criteri di trattamento economico, di progressione di carriera e di fine carriera. La progressione economica avrà quindi questi nuovi criteri predominanti rispetto all’anzianità di servizio. Gli scatti avverranno ogni tre anni. Ma non per tutti!
Il 33% dei docenti rimarrà escluso! Infatti è previsto che solo il 66% dei docenti vengano definiti bravi. I rimanenti, a prescindere, saranno cattivi maestri!
Con questo nuovo criterio il primo scatto sarà attribuito nel 2018. Fino ad allora niente, tutto congelato
Si costituirà quindi la migliore squadra (pg. 63), per un gioco al massacro!
Ma conviene?
Per realizzare a pieno l’autonomia scolastica l’invenzione è la mobilità (pg. 56)
I dirigenti scolastici potranno scegliere fra i docenti i migliori premiandoli economicamente.
L’istituzione del Registro Nazionale dei Docenti della Scuola (pg. 68), altra straordinaria novità di questo piano che dovrebbe partire dall’anno scolastico 2015/16, segnerà informazioni su tutto il personale della scuola (compresi gli amministrativi) e sarà “uno strumento che ogni scuola (o rete di scuole) utilizzerà per individuare i docenti che meglio rispondono … alle proprie esigenze. …. Servirà per incoraggiare e facilitare la mobilità dei docenti.” Continua asserendo che “il DS, sentiti gli organi collegiali, potrà chiamare nella propria scuola i docenti con un curriculum coerente con le attività con cui intenda realizzare l’autonomia e la flessibilità della scuola.” Pertanto le scuole potranno procedere alla scelta delle persone.
Oltre che autonoma la scuola deve essere aperta ai privati. Anche il collegio docenti dovrà essere aperto ai privati (di Apreana memoria). Apertura nella piena accezione del termine. Una apertura prevista oltre l’orario curricolare, con il coinvolgimento di realtà esterne che potranno anche “affittare” gli spazi della scuola per attività varie (pg. 77). Questo nella prospettiva di reclutare risorse nella società esterna da associazioni ed aziende.
Sotto il pretesto di un miglioramento dell’amministrazione stessa tramite la digitalizzazione, di fatto definita “una delle vere leve per la spending review” (pg. 79) e attraverso un “efficientismo dei processi amministrativi” si giunge alla fine ad “una considerevole riduzione del peso sugli assistenti amministrativi “ con un “considerevole ridimensionamento progressivo del loro numero”.
La valutazione non ha nulla di straordinario essendo già abbastanza nota l’inefficacia e la fallacia dei tentativi fatti finora. L’INVALSI in primis. Ora magari cambiano acronimo, preferendo l’SNV (Sistema Nazionale di Valutazione). Lo prevede il D.P.R. n. 80 del 2013, da estendere anche alle paritarie, così che qualcosa li accomuni alla scuola pubblica statale. “Sarà fondamentale l’apporto degli ispettori”. La valutazione avrà una duplice veste: una per la scuola per il reperimento di fondi, infatti si afferma che “il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF -e quindi finanziamenti di progetti) sarà …. scaturito dal processo di valutazione (pg. 66); l’altra per il personale, a cominciare dal DS per il quale “il livello di moglioramento raggiunto dall’stituto influenzerà in maniera premiale la retribuizione dei dirigenti.” I dati raccolti sui docenti determineranno la sua progressione di carriera, determinata e condizionata anche da un membro esterno, presente nel comitato di valutazione.
Una svolta decisiva avrà l’aziendalizzazione della scuola, con la ricorrente lode al Made in Italy , ai prodotti cioè che tale azienda deve sformare. Un progetto ambizioso che prevede un reperimento di fondi direttamente dalle imprese che intendono co-progettare l’attività didattica. Ad esempio per l’alternanza scuola lavoro prevedono un investimento da parte delle aziende di circa 100 milioni euro contro gli 11 attuali, tanto da affermare che “non si parlerà più di alternanza ma di formazione congiunta” (pg. 109). Una scuola-bottega è infatti definita nel Piano, specie nel Centro-Sud. Insomma abbandonato da tempo il concetto costituzionale che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, si punta ad una “Scuola fondata sul lavoro” (capitolo 5). Ma di chi?
Le aziende che si attiveranno per una azione congiunta avranno anche degli incentivi economici, come viene specificato a pag. 109.
Ma è proprio necessaria questa triangolazione di fondi?
Da poco sono stati introdotti i Poli Tecnici Industriali, una rete di scuole ed aziende che hanno portato ad oggi la costituzione di 65 Fondazioni. Ed ecco la metamorfosi alla quale vogliono indurre tutto il sistema scolastico. Ricordiamo che una delle caratteristiche delle fondazioni è che non sono tenute a fare un bilancio pubblico, cioè non devono rendicontare. Si parla quindi anche di “autonomia patrimoniale, per la gestione di risorse provenienti dall’esterno priva di appesantimenti burocratici” (pg. 124).
Il Dulcis in Fundo è una “finanza buona”. Le obbligazioni ad impatto sociale, i Social Impact Bonds, d’importazione anglosassone , mirano a creare un legame forte tra rendita economica e impatto sociale.
Non c’è niente di BUONO in questo piano, e l’impatto sociale di cui ipocritamente si fregiano, alla fine sarà solo un disastro occupazionale ed un collasso di diritti acquisiti.
Le consultazioni on line sono di parte, non controllate e inefficaci. Renzi non può incontrare le associazioni cattoliche per discutere del Piano, ma deve incontrare gli insegnanti che lavorano. Il 10 ottobre noi scendiamo in piazza insieme agli studenti e chiediamo di essere ascoltati in quel giorno.
Insegnanti Calabresi
Docenti contro la Legge Aprea
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