Propongo la mia risposta alla domanda “Docenti sballottati tra direttive, burocrazia, rigidi programmi per alunni ansiosi. Polito: perché la Storia si rifà 3 volte e non si parla di felicità?“.
Sì, forse è vero: la Storia si si studia e ristudia varie volte. Ma questo può presentare dei vantaggi: il bambino delle elementari (scusate se uso ancora la vecchia denominazione dei gradi scolastici) capisce quello (magari non tanto) che la sua tenera età gli permette di capire; il ragazzino delle medie ne capisce già un po’ di più e lo studente delle superiori dovrebbe riuscire a cogliere appieno il significato di tutti gli eventi storici.
Parlare di felicità? Sì, anche. Ma se veramente la scuola deve formare il cittadino è bene fornirgli anche illustrargli il funzionamento del Paese in cui vive: le tappe salienti della sua nascita, la struttura del sistema di governo, cioè tutti quegli elementi indispensabili perché il cittadino sia per l’appunto compiutamente formato come tale. E data l’ignoranza che regna sull’argomento c’è molto bisogno di operare in questo senso.
L’autore della lettera in questione si chiede anche perché non si parla delle cose che interessano veramente i giovani: per l’appunto la felicità, i loro sentimenti, e simili. Credo che non pochi insegnanti già lo facciano, ma attenzione! C’è il rischio che molti studenti trovino più comodo e meno impegnativo parlare astrattamente di queste belle cose (in fondo non occorre grande cultura per chiacchierare) che non parlare di legislazione, funzionamento degli organi statali, storia d’Italia o dei nostri grandi letterati e scienziati.
E, come ho sentito dire: “un popolo che non conosce la sua storia e non ama i suoi grandi uomini e le sue grandi donne non è degno della libertà”.
Daniele Orla
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