I lettori ci scrivono

Un primo bilancio sugli esami di maturità

È trascorsa una settimana e a mente più pacata, dopo la correzione della prima prova e l’avvio dei colloqui, è giunto il tempo di qualche bilancio.

Queste sono le mie osservazioni sulle tracce della Tipologia A – “Analisi ed interpretazione di un testo letterario italiano”.

Analisi, interpretazione, testo letterario: il mio lavoro didattico. Tralascio il fatto che gli studenti più sprovveduti, leggendo i nomi degli autori non svolti dai loro programmi, si orientino subito sulle altre tipologie (più facili? Richiedono tutte conoscenze e letture…).

Se si intende offrire l’opportunità di dimostrare le competenze acquisite dalla disciplina che ancora si chiama “Lingua e letteratura italiana”, testi e autori non noti sono più che adeguati. Ma parliamo del passo de “Gli indifferenti” di Moravia, un po’ troppo breve per essere significativo: i quesiti attengono ad un livello basico della comprensione, ridotti ad una rielaborazione della sintesi, e nulla è chiesto di analisi stilistica. Allora che punteggio attribuire alle voci della griglia ministeriale degli “Indicatori specifici” relativamente alla “Puntualità nell’analisi lessicale, sintattica, stilistica e retorica (se richiesta)”? E se questa analisi non è richiesta, si deve assegnare il punteggio su 90 e non 100 punti?

Altra osservazione sulla Tipologia B2: molto gradita ai candidati che si aspettavano dal toto-tracce qualcosa sulle I.A. Essa è pervasa dall’ambiguità lessicale e concettuale dei “piccoli cervelli creativi” dei software, espressione di Piero Angela, messi in relazione alla “creatività umana nella corsa verso l’innovazione”, espressione della consegna della Produzione. Elaborato argomentativo impegnativo, come ne è stata la valutazione.

Quanto all’orale, le indicazioni sottolineano che non deve essere un’interrogazione sulle varie discipline ma un colloquio interdisciplinare a partire da uno “spunto” proposto dalla commissione. Superate le vecchie tesine individuali, in realtà il colloquio non può che ridursi ad un numero esiguo di percorsi (le tesine, appunto) dai collegamenti sensati solo ad alcune discipline, misti a nessi fantasiosi per analogia, per paradosso o contrasto: espressione, questa sì, della creatività dei poveri candidati. Tuttavia la griglia ministeriale di valutazione del colloquio indica ben cinque livelli di acquisizione dei contenuti e metodi delle diverse discipline, cioè di tutte.

L’esame è una prova importante per la vita dei ragazzi.

Servono conoscenza reale del mondo della scuola e degli studenti, dei loro orizzonti esistenziali, delle loro forme di espressione e comunicazione (scrivono a penna e in corsivo qualche foglio protocollo solo a scuola). Senza rinunciare alla loro crescita sentimentale ed emotiva con le letterature, con l’umanistica in primis.

Le commissioni, alle prese coi verbali, il timore dei ricorsi dei genitori, le difficoltà di applicazione di griglie troppo rigide per il reale livello dei ragazzi diversamente muniti di lessico e sintassi, operano per assicurare correttezza, oggettività ed onesta valorizzazione dei candidati, nonostante tutto. Come? Col buon senso!

Donatella Marchiori

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