Spesso si parla di scuola, prendendo in prestito delle parole di Don Milani, come un ospedale che deve curare i malati e non respingerli. “Qualche volta viene voglia di levarseli di torno (i ragazzi più difficili). Ma se si perde loro, la scuola non è più la scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile”, questo quanto scritto dal Priore di Barbiana in “Lettera a una professoressa”.
Oggi un docente si è sfogato su X, parlando delle sue difficoltà: “Ho un cedimento. Non ce la faccio più a reggere i mentecatti a scuola, tutto il giorno a ridere, a fissare lo smartphone, a non capire assolutamente niente, l’attenzione che dura due minuti. Portare in salvo quei 6-7 per classe e lasciare affondare gli altri. Basta, è inutile”.
Sono parole intrise di disillusione e rassegnazione. Da qui si è sviluppato un intenso dibattito tra docenti che si sono sentiti di dire la loro opinione, che non si discosta molto da questa. “Concordo pienamente, tempo perso, stessa situazione nella classe di mia figlia, una 4° liceo. Nessun docente vuole portarli in gita e nel gruppo WhatsApp delle mamme leggo: i docenti devono darci delle spiegazioni! Ma fatevele 2 domande”, ha scritto un’utente.
“Da sempre sostengo che dovrebbero fare le classi per chi vuole imparare e le classi per tutti gli altri. Indecente che chi vuole imparare sia frenato da scaldasedie”, ha scritto un altro.
“Oltretutto sono sempre meno scaldasedie e sempre più disturbatori. Oggi ne ho beccato uno che aveva creato un sostegno per lo smartphone con due viti da legno e degli elastici. Devono togliersi dai piedi. Con questi giovani non abbiamo nessun tipo di futuro davanti. Ormai siamo al limite di sopportabilità. Sono infantili, di un’ignoranza inverosimile e senza ritegno. Danneggiano soprattutto i loro compagni, che si trovano a dover cambiare classe nella speranza di non trovare altre squadre di dementi”, ha fatto eco il primo docente.
Ci sono state anche delle critiche mosse all’autore del post. “Ma sono ragazzini, le sembra il modo di chiamarli mentecatti? Se non ce la fa più cambi lavoro ma non se la prenda con adolescenti in crescita”, ha scritto una donna.
“Non si può colpevolizzare solo i ragazzi, hanno bisogno anche di docenti sintonizzati con loro (lo so cosa ardua per uno della mia generazione 1965, me compresa – ringrazio Dio di non aver scelto di fare l’insegnante!-) sappiano catturare la loro attenzione”, ha aggiunto un’altra.
“Da mamma confermo l’atteggiamento insopportabile che hanno questi ragazzi, così come lo hai descritto. Ma ora parliamo del bassissimo livello di molti professori di oggi, noiosi, spesso impreparati, svogliati. Le colpe non stanno solo da una parte”, ha argomentato una mamma.
Su questi argomenti il corso Insegnare soddisfatti in programma dal 7 dicembre, a cura di Daniela Fedi.
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