Nel nostro paese un quindicenne su cinque non sa leggere. Un dato che emerge dall’ultima indagine internazionale sulle competenze in lettura, matematica e scienze realizzata dall’Ocse. Anche il ministro Valditara conferma che oltre il 20% della popolazione studentesca viene classificato come “fragile negli apprendimenti” (un 12,7% abbandona gli studi prima del diploma, il 9,5% lo raggiunge ma non arriva ai livelli minimi di apprendimento).
A spiegare le cause ad ‘Upday’ è stato Enrico Ariemma, docente di lingua e letteratura latina presso l’Università di Salerno. C’è sicuramente un impoverimento progressivo del lessico che dipende dalle carenze a scuola ma anche da una diversa fruizione dei mezzi di lettura. Ad esempio quella digitale è percepita dai giovani come “economica” spiega il professore. In alcuni casi, gli studenti, anche universitari, padroneggiano bene il linguaggio ma la scrittura non è eccelsa. Il lessico è passato da 20mila parole di 30 anni fa alle 1000 di oggi.
Ariemma parla di “peste del linguaggio” (come la definì Calvino) che fa perdere forza conoscitiva e di immediatezza, colpa anche della comunicazione pubblica volutamente confusa e bugiarda.
Lo smartphone peggiora la situazione? Dipende da come si usa. Utilizzandolo spesso si tende ad un certo tipo di linguaggio ‘economico’ e si tende a traslare tale comunicazione in ambiti che richiederebbero altri profili.
Secondo il docente bisogna fare un uso virtuoso della scrittura digitale perché questa è una risorsa, così come un’opportunità è la lettura digitale per le tante possibilità che essa offre.