Docenti picchiati dai genitori. Alunni violenti contro i docenti. O anche il preside. Si può parlare di un bollettino di guerra permanente l’ultimo periodo di attualità, dove i casi di violenza a scuola sono diventati letteralmente all’ordine del giorno, un appuntamento, non richiesto, quotidiano.
Questa testata riporta le varie vicende che da Sud a Nord riempiono la cronaca e prova ad analizzare le cause di questi fenomeni di violenza dilagante. Non sono passate inosservate le parole di Paolo Crepet, che ha chiamato in causa i genitori degli alunni come responsabili o comunque corresponsabili dell’aggressività degli studenti, macchiandosi anzi, spesso, della responsabilità dell’aggressione verso docenti e presidi.
Per provare a dare una visione più ampia alla questione abbiamo intervistato Roberto Cafiso, Coordinatore Dipartimento Salute Mentale ASP di Siracusa, che fornisce anche qualche utile consiglio pratico.
I fenomeni di violenza a scuola stanno diventando preoccupanti. Come si è arrivato a questo, secondo lei?
La Scuola è stata negli ultimi 20 – 25 anni sottratta al suo compito precipuo, che è di formare le generazioni e ridotta ad un’agenzia di competenze ed abilità lavorative e propedeutiche ad un posto. Dall’altro è stata caricata con una delega senza precedenti a gestire ragazzi spesso problematici, oltre le apparenze, scaricando sull’istituzione i processi evolutivi scorretti o andati a male. La perdita di autorità e di autorevolezza (anche per responsabilità di singoli docenti spesso simmetrici agli alunni) ha sdoganato la violenza che è un indice di disagio delle società prive di limiti, confini e regole.
Se gli alunni sono violenti a scuola con i compagni o con i docenti, di chi è la colpa?
Le famiglie vanno chiamate in causa per verificare se esercitano un monitoraggio sui figli o si aspettano da altri i miracoli. Una famiglia disallineata con la Scuola produce guai. Un ragazzo violento in classe e poi giustificato a casa è un coacervo di disagio ed un moltiplicatore implicito di aggressività. Se a causa della propria reattività si viene giustificati o avallati o addirittura imitati, come potrà mai estinguersi un comportamento prepotente?
È d’accordo con Paolo Crepet, che afferma che i genitori sono un disastro perché lasciano decidere tutto ai loro figli?
In parte. Il processo di decision making è un ‘acquisizione che regola la capacità di fare la cosa giusta scelta tra diverse opzioni. Magari i ragazzi decidessero: più che altro seguono l’istinto, si muovono qui ed ora, senza neppure calcolare le conseguenze dei propri gesti. Le famiglie che abdicano, col pretesto di essere democratiche, cedono terreno e fanno spallucce. Tanto è sempre colpa della società, dei compagni, della tv, della Scuola … ma questo atteggiamento non gli farà evitare importanti difficoltà che comunque avranno.
Gli insegnanti stanno attraversando quello che molti definiscono il “minimo storico” della loro professione: sembra che il docente oggi non goda di quell’autorevolezza tipica di qualche decennio fa. A cosa si può ricondurre secondo lei tale caduta di status sociale?
Al non riconoscimento da parte dello Stato delle più vera funzione della Scuola che miniaturizza in aula ciò che avverrà nella vita dove per i bocciati non ci saranno sconti. Il “tutti bravi”, tutti con la sufficienza ha svilito il ruolo del docente, lo ha demotivato, impedendogli di pensare che svolgendo il proprio lavoro con coerenza ed equità potrà ottenere risultati. Il Tar o il Consiglio di Stato non dovrebbero entrare nel mandato formativo della Scuola, che non è una pagella con dei numeri. E’ ben oltre e di più, e pagelle e voti sono solo indicatori di processi di maturazione o meno del ragazzo.
Partendo dal fatto che non si può intervenire sulla famiglia dei ragazzi, se la sente di dare alcuni consigli pratici per aiutare la scuola a reagire ma soprattutto prevenire a tali situazioni, specie per provare a distogliere gli studenti dalle cattive abitudini di alcuni genitori, che non necessariamente devono essere di natura violenta, ma risultano comunque condizionanti una volta in aula?
Ci vuole coraggio e molti docenti ce l’hanno. Essi vanno tuttavia supportati dai dirigenti scolastici, ognuno con le proprie responsabilità, senza omettere, non vedere o minimizzare. Se a Scuola entra la droga va chiamata la polizia. Se un alunno è violento va sospeso e se il caso denunciato. Se un docente è un cattivo modello va sanzionato. Non si può girare la frittata cento volte, perché alla fine si brucerà. Serve una riforma della Scuola che metta questa istituzione al centro della vita del Paese, come Sanità ed economia. La futura società passa dalle aule. Continuare a non capirlo non è più miopia, ma cecità completa. Per intanto i docenti compensano con il loro sentire umano ed il tatto tipico di chi deve campare.
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