Home I lettori ci scrivono Un ritornello cinquantenario: “La scuola è da riformare”

Un ritornello cinquantenario: “La scuola è da riformare”

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March 13, 2025

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Le indagini sull’efficacia del servizio scolastico, invariabilmente, forniscono e hanno fornito dati sconfortanti. All’origine della sconcertante situazione è da collocare il diverso punto di vista da cui si guarda la scuola: il legislatore, fatta eccezione per la legge 107/2015, la vedeva e la vede come complesso unitario finalizzato; le amministrazioni locali, invece, la concepivano e la concepiscono come sommatoria disarticolata d’insegnamenti.

Una contrapposizione assurda, foriera d’ingovernabilità; i vincoli cui deve sottostare la funzione docente lo dimostrano: nel primo caso è definita dall’output di sistema, nel secondo dal programma e dal libro di testo.
Si propongono tre situazioni per confermare il conflitto in atto.

Nel gennaio 2020 il governo ha smembrato il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca per separare l’aspetto formativo/educativo, affidato alle scuole, da quello accademico che ruota intorno allo stato dell’arte delle diverse discipline.
Il fatto è passato sotto silenzio, inghiottito dalla palude scolastica.

I decreti delegati del 1974, compendiati nel Testo Unico del 94, applicando i principi delle scienze dell’organizzazione, hanno abbattuto la complessità del problema scolastico, scomponendolo.
Hanno distinto la funzione strategica, la tattica e l’esecutiva.

Il Consiglio di Circolo/istituto, che approva il Piano triennale, definisce la finalità formativa, traguardo elaborato dal Collegio dei docenti che “programma l’azione educativa” per orientare il coordinamento dei percorsi d’apprendimento realizzato dai Consigli di Classe. A valle della piramide si colloca il docente che utilizza la propria disciplina come “strumento e occasione” per lo sviluppo delle capacità che, collegialmente, ha identificato.
La lettura delle convocazioni degli organismi collegiali mostra la costante e generalizzata elusione della legge.

Aprile 1969. Il nuovo esame di maturità distingue, separando l’istruzione, affidata al consiglio di classe, dalla formazione, l’oggetto dell’accertamento: “Lo scrutinio finale è inteso a valutare il grado di preparazione del candidato”; “L’esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato”.
Le commissioni d’esame, indistintamente, non hanno onorato il mandato ricevuto: hanno sovrapposto la loro attività a quanto già fatto dal Consiglio di classe. Una trasgressione, la causa del fallimento della tipologia d’esame.

Enrico Maranzana