La didattica a distanza ormai sembra superata, perché il suo posto pare l’abbia preso un robot che va a scuola al posto del bambino malato. Si siede, guarda, ascolta e parla con gli insegnanti e compagnetti. Al suono della campanella, raccoglie tutto e torna a casa: esattamente come il suo avatar che sta invece nel suo caldo lettuccio.
Si chiama, dicono i suoi ideatori, Stretch ed è stato progettato per controlli a distanza negli ospedali o nelle aziende e ora lo vorrebbero pure portare nelle scuole ma per aiutare bambini con malattie croniche e invalidanti.
Infatti i bambini impediti oltre a prendere parte alle lezioni come se fossero in classe, possono chattare con gli amici e ‘unirsi’ ai loro coetanei per il pranzo, il coro o la ricreazione.
Sembra inoltre che saranno al più presto stabilite le caratteristiche di cui un bambino ha bisogno per sentirsi presente e impegnato nell’apprendimento. Gli studenti a distanza testeranno i loro prototipi, mentre viene sottolineato che già molto prima della pandemia, prima che molte famiglie pensassero alla scuola virtuale, molti bambini ne erano venuti a conoscenza divenendo in qualche modo “pionieri”.
I bambini che utilizzano la tecnologia l’hanno definita “cambiamento di vita” grazie alle connessioni sociali che consente e i ricercatori dal canto loro vorrebbero pure dimostrare che questi strumenti aiutano accademicamente, socialmente o emotivamente.