L’idea quindi di quel preside milanese che, per affermare il principio di equità valutativa, voleva assegnare a docenti di altri corsi la correzione dei compiti dei ragazzi viene abbondantemente superata dal software, impersonale e asettico come un’operazione chirurgica. Ma non solo, consegnando al software e alla sua intelligenza artificiale il compito di valutare saggi e brevi risposte scritte, gli insegnanti possono dedicarsi ad altre mansioni come la lettura del giornale o la contemplazione dell’Idea in sé.
Appare dunque abbastanza normale, di fronte a tali prospettive, che si inneschino pure guerre di opinioni sul ruolo della automatizzazione tecnologica nelle scuole, anche se, pare, l’uso del computer per dare il voto a test del tipo “vero o falso” sarebbe ormai diffuso nel sistema di istruzione statunitense, mentre l’uso dell’intelligenza artificiale per giudicare prove più complesse, come un tema o un saggio, non hanno riscosso consenso unanime nel mondo accademico, forse perché la componente umana e “sentimentale” si ritiene abbia sempre valore preponderante.
Sembra inoltre che l’organizzazione EdX offra pure corsi online gratis ad atenei di prima grandezza come Harvard, Mit e Berkeley, mentre fra non molto dovrebbe pure aggiungere altre lezioni alla Wellsley, Georgetown e all’Università del Texas, fermo restando l’obiettivo di programmare altre incursioni espansive oltre i confini degli Stati Uniti.
Secondo Anant Agarwal, l’ingegnere elettronico a capo di EdX, il software che dà i voti sarebbe un utile strumento pedagogico anche perchè avrebbe il potenziale di far ripetere immediatamente l’esame allo studente consentendogli di correggere gli errori e migliorare la prestazione. L’altro vantaggio sarebbe quello di un feedback quasi istantaneo a differenza del normale lavoro di classe in cui gli allievi aspettano per giorni, a volte settimane, che l’insegnante dia i voti.
Gli scettici dal canto loro sono convinti che nessun sistema automatico potrà far mai concorrenza a un insegnante in “carne e ossa” (visto che il software è composto da altri elementi atomici) e pure con una opportuna dose di sensibile intelligenza: ”Un problema è che non ci sono statistiche che mettano direttamente a confronto software e professori”, ha detto al New York Times Les Perelman, un ricercatore del Mit.
”La verità è che i computer non possono leggere. Non possono misurare le caratteristiche essenziali di una efficace comunicazione scritta: accuratezza, chiarezza, ragionamento, buon senso, adeguatezza delle prove, posizione etica e veridicità tra le altre”, ha scritto un gruppo di educatori, Professionals Against Machine Scoring, in una lettera aperta firmata finora da oltre duemila luminari tra cui il linguista Noam Chomsky.
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