Aprile, dolce dormire; dolcissimo sognare. E noi abbiamo un sogno. Sogniamo che il governo prenda un’importante decisione sui docenti: riconoscere per decreto la docenza come lavoro usurante, autorizzando il pensionamento dei docenti 64 anni con 30 anni di contributi versati, nonché la possibilità di anno sabbatico retribuito ogni 12 anni scolastici, con produzione finale di un saggio scritto su tematiche pedagogico-didattiche o inerenti alla disciplina insegnata.
Sogniamo che il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, i ministri Patrizio Bianchi (istruzione), Roberto Speranza (salute), Dario Franceschini (cultura), Elena Bonetti (pari opportunità e famiglia), Andrea Orlando (lavoro e politiche sociali), Daniele Franco (economia e finanze), e persino Renato Brunetta (pubblica amministrazione), in conferenza stampa si dichiarino d’accordo sulla necessità di «Investire realmente, e non più solo a parole, sulla scuola, cominciando da chi la scuola la fa ogni giorno da molti anni, nonostante i problemi che la politica scolastica degli ultimi decenni ha determinato»: parola di Speranza, il quale — nel nostro sogno — ricorda «i dati medici sull’usura mentale cui i docenti sono sottoposti, sia per la natura stessa del lavoro che affrontano, sia per il clima di discredito che negli ultimi 30 anni è stato creato in Italia intorno a loro da alcuni media e da taluni politici». Gli insegnanti soffrono «di una sofferenza spesso insostenibile», aggiunge Franceschini, «sia per norme talora deleterie, sia per l’aumento degli alunni per classe, sia per le incombenze burocratiche (non di rado estranee alla funzione docente) che sono state scaricate vieppiù sulle loro spalle nel corso degli anni».
Il sogno continua: «Le stime dicono», ricorda Bianchi citando il medico del lavoro Vittorio Lodolo D’Oria, «che l’80% dei docenti dichiarati inidonei all’insegnamento hanno sviluppato patologie psichiatriche, nella stragrande maggioranza di tipo ansioso-depressivo, derivanti dallo stress legato alla professione. A causa di questo, poi, c’è un cedimento del sistema immunitario. E aumentano così anche i tumori. Per questo consigliamo ai docenti di sottoporsi a tutti gli screening oncologici possibili».
«Non bisogna poi dimenticare», chiosa Bonetti, «che ben l’82,7% degli insegnanti è donna. Pertanto non possiamo ogni 8 marzo riempirci la bocca delle consuete dichiarazioni sull’emancipazione femminile e sulla parità di genere, se continuiamo trascurare, a sottopagare, a sfruttare vergognosamente proprio il settore lavorativo in cui si esercita il lavoro intellettuale delle donne sotto forma di docenza: professione peraltro nobilissima, e fondamentale per il futuro del paese, ma pagata in Italia meno che in ogni altro paese europeo, e meno di qualsiasi altra mansione professionale esercitata da laureati. Continuando così, sarebbe lecito chiedersi se gli insegnanti non siano trattati in questo modo proprio perché donne nella stragrande maggioranza».
Musica per le nostre orecchie. È davvero un sogno meraviglioso. Emozionano le parole di Brunetta: «Per il bene dell’istituzione scuola è necessario e urgente correre ai ripari. I docenti non possono più reggere da soli il peso del risparmio sulla spesa pubblica. Se crollano loro, sarà la scuola pubblica intera crollare, e con essa la tenuta dell’intera società italiana, dei suoi valori di riferimento, della sua memoria storica, delle sue basi scientifiche e tecnologiche, della sua identità in un mondo globalizzato che può spazzarci via in pochissimo tempo. I docenti devono poter andare in quiescenza a 64 anni, età già molto avanzata per una professione così gravosa per l’equilibrio psicofisico di chiunque, soprattutto in una scuola conciata come la nostra».
Sogno o realtà? Franceschini afferma che «L’anno sabbatico retribuito va incontro alla necessità di aggiornamento e di riqualificazione professionale dei docenti. Verrà attribuito solo a quanti di loro vogliano dedicare un anno allo studio della propria materia o di argomenti didattici e pedagogici; alla fine dell’anno sabbatico il docente produrrà un saggio sulle tematiche affrontate, poi valutato da una commissione apposita di docenti; le opere migliori saranno pubblicate a cura del dicastero dell’istruzione, e frutteranno al docente un punteggio aggiuntivo per le graduatorie d’istituto».
Meglio tardi che mai, diremmo noi. Statista vero è chi sa riconoscere gli errori del passato e porvi rimedio. Ma con quali risorse finanziarie sarà possibile mettere in pratica tali buoni propositi?
Lo spiega Franco: «Basterà tagliare le spese militari. Qualche miliardo in meno per gli ipertecnologici caccia Lockheed Martin F-35 Lightning II, armabili anche con bombe termonucleari B61 da 340 chilotoni (23 volte più potenti della bomba di Hiroshima)». Lo conferma il presidente Draghi: «In fondo, se dovessimo combattere la terza guerra mondiale con mostruosità simili, saremmo tutti spacciati. Dunque il governo ha deciso che è meglio dedicare quei miliardi ad opere di pace, e acquistare qualche caccia in meno; anche perché nessuno dei miliardari che li produce cadrà in miseria per questo».
Ma la radiosveglia si accende alle 7 del mattino. Parla Mario Draghi. Quello vero. Dal sogno torniamo all’incubo.
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