Nelle intenzioni della senatrice democratica c’è l’obiettivo di azzerare la separazione tra asili nido (0-3 anni) e scuole dell’infanzia (3-6 anni), portando tutto a “zero-sei”, un’unificazione insomma dell’educazione della prima infanzia e il nido non sarà più un servizio a domanda individuale, ma generale, sotto la responsabilità unica del ministero dell’Istruzione.
Lo scrive oggi la Repubblica che spiega come gli attuali due segmenti siano “attraversati da tensioni e spinte regressive” e rispondono alla domanda sociale con servizi per l’infanzia “senza condizioni minime di qualità” e continue fughe in avanti verso la scuola dell’obbligo.
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Se oggi i nido ancora oggi gravano quasi interamente sui bilanci dei comuni, tanto che alcune amministrazioni locali hanno dovuto abbassare la qualità dei servizi, nella scuola dell’infanzia invece i pre-adolescenti sono distribuiti tra scuole statali, comunali e dei privati, mentre l’Europa chiede il 90 per cento di mano pubblica sui 3-6 anni.
La legge delega, presentata da Puglisi, punta invece al 75 per cento e con particolare riferimento alla formazione degli educatori che, spiega sempre Repubblica, dovranno essere formati all’interno di percorsi universitari e dovranno essere continuamente formati. Bambine e bambini dovranno poter coprire la distanza tra casa e scuola “in tempi ragionevoli”, a piedi, con i mezzi pubblici, con un trasporto appositamente predisposto. Le aziende pubbliche e private, quale forma di welfare aziendale, potranno erogare alle famiglie che hanno figli in età compresa fra i tre mesi e i tre anni un buono denominato, un “Ticket nido” fino a 150 euro spendibile nel sistema dei nidi accreditati o a gestione diretta comunale.
La nuova legge prevede, così come illustra Repubblica, un sostegno finanziario non solo per l’istituzione di nuovi servizi e scuole, ma anche per la loro successiva gestione e ridisegna meccanismi di finanziamento pubblico: il 50 per cento dei costi di gestione delle scuole dell’infanzia sarà a carico dello Stato, il restante resta alle Regioni e agli enti locali. Ci saranno 700 milioni per l’anno 2015, 900 milioni per il 2016, 1,2 miliardi per il 2017, 1,4 miliardi per il 2018, 1,5 miliardi a decorrere dall’anno 2019. Ragioneria dello Stato permettendo.
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