Una brevissima risposta al prof. Zen

Ho letto l’intervento del dirigente prof. Zen e trovo ragionevoli molte cose che scrive: se riferite a un altro paese, però, e non all’Italia. Fino al punto 5) capisco, più o meno, poi non più. Chi dovrebbe valutare chi?

Perché si potesse parlare di valutazione, e ce ne sarebbe bisogno, si dovrebbe partire dai vertici e rifare tutto da capo.
Ad esempio, sarebbe bello sapere qual è stata la carriera universitaria del ministro Giannini, in un mondo feudale, come quello accademico, in cui l’art. 97 della Costituzione è stato, ed è, interpretato liberamente, per così dire (come del resto in molti altri ambiti dell’amministrazione pubblica, scuola compresa). Cominciamo a sapere chi, in Italia, dopo lo sfacelo degli ultimi quarantacinque anni (più o meno), ha i titoli per valutare e come se li è procurati.
Magari cominciamo dall’Invalsi, con i suoi dirigenti neo-incaricati da 120.000 euro annui, i trenta ricercatori stabili (ma forse sono di più), i 70 collaboratori, i consiglieri di amministrazione scelti dal ministro definiti professori (ma chi sono, e quanto incassano?).
Cosa fanno tutto l’anno, lì a Frascati?
Visto che la questione riguarda molti milioni di persone (studenti, famiglie, insegnanti) perché non vanno in televisione a raccontare chi sono e cosa fanno? E i dirigenti scolastici? Dato che sono “dirigenti”, perché dobbiamo andare a cercare i loro curricola mal scritti sul sito del Ministero e invece non possiamo capire chi sono e quali titoli reali hanno per condurre scuole senza misteri? Perché non cominciamo dall’alto a vedere chi è in grado di valutare cosa?
Forse sarebbe meglio smetterla di parlare di valutazione e di merito senza aggiungere trasparenza e rispetto (delle regole).
 

 

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