Sono moltissimi i docenti del Sud costretti a emigrare al Nord per una cattedra. La Repubblica ha intervistato una di loro, un’insegnante messinese di 41 anni che si sta per trasferire a Brescia dopo essere stata chiamata per un posto come insegnante di sostegno alla Primaria.
Ecco cosa c’è alla base della sua decisione: “A Messina un’insegnante resta precaria a vita, la fila è infinita. A Brescia, invece, c’è la possibilità di entrare in ruolo. Con una mini-call veloce, vieni inserita nella graduatoria della provincia e poi ti chiamano. Supplenza annuale, ho provato ed è successo. Ho la specializzazione sul sostegno, un anno di Tirocinio formativo, il Tfa. A Messina fai una vita di sostituzioni e il posto fisso ti arriva l’anno prima di andare in pensione, è un classico. A Brescia farò una stagione da supplente, ma questo 2023-’24 sarà anche il mio anno di prova. La prossima estate, se la prova sarà giudicata positivamente, darò l’esame agevolato e diventerò, vivaddio, insegnante a tempo indeterminato”.
Non sono mancate le difficoltà per trovare un alloggio: “Ho chiamato tutte le agenzie immobiliari dell’area e ho toccato con mano il livello del costo della vita in una provincia del Nord. La scuola è in centro. Io e la mia amica abbiamo cercato l’alloggio in periferia: 450-500 euro una stanza, ci offrivano. Alla fine, tramite una conoscenza, l’ho trovata a 400 euro. Trentacinque minuti dall’istituto, con i mezzi. Devi anticipare una mensilità più il 22 per cento dell’Iva”.
La docente ha anche avuto a che fare con episodi di discriminazione: “Quando hanno sentito il mio spiccato accento siciliano, hanno chiuso la conversazione: ‘Non posso aiutarla più’. Giù il telefono. Per controllare se la mia sensazione fosse corretta, ho richiamato la mattina dopo. Stessa scena. Ho fatto una recensione che gli ho tolto la pelle”.
E, infine, ecco un commento in merito alle differenze tra docenti del Nord e del Sud: “In Sicilia siamo più morbidi, e manteniamo un rapporto aperto con i genitori. Qui, per ottenere un colloquio, il padre o la madre devono fare una richiesta alla dirigenza, offrire una motivazione ed essere autorizzati. Probabilmente è giusto così, i genitori sono abituati a prendersi il dito con tutta la mano”, ha concluso.
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