Alice è una giovanissima docente di lingue straniere, insegna inglese e francese presso un istituto di istruzione secondaria a Palermo. Prima di laurearsi ha frequentato il liceo linguistico e durante il percorso liceale ha avuto un’opportunità straordinaria: studiare per un intero anno scolastico lontano – molto lontano – da casa, in Costarica. Questa possibilità le è stata offerta da Intercultura, la nota organizzazione che, come si può leggere in primo piano sul suo sito web, promuove il dialogo interculturale e gli scambi scolastici internazionali.
Intercultura nasce in Italia una decina d’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Oggi è diffusa su tutto il territorio nazionale, posta sotto la tutela del Ministero degli Affari Esteri, ed è gestita e amministrata da oltre 5500 volontari.
Gli studenti italiani che intendono frequentare un anno all’estero – o gli stranieri che desiderano venire in Italia – hanno un’ampia possibilità di scelta: possono scegliere di studiare fuori per un intero anno scolastico, per un semestre, per un trimestre o per un periodo più breve di quattro settimane, in ogni caso sempre ospiti di una famiglia selezionata da Intercultura. L’arricchimento culturale che può derivare da una simile esperienza possiamo solo immaginarlo… O farcelo spiegare da Alice che ha accettato di rispondere a qualche domanda.
Non è stato per niente facile. Sono già passati nove anni dall’arrivo di quella lettera con la destinazione che mi era stata assegnata. Ricordo bene quel giorno, provavo sentimenti contrastanti: eccitazione mista a paura dell’ignoto, curiosità, trepidazione, entusiasmo. Ricordo ancora la disperazione negli occhi di mia madre all’idea di mandare la propria figlia 16enne dall’altro capo del mondo, i dubbi, le perplessità, l’incoraggiamento da parte di papà.
Sono stata in Costarica, in America centrale, ho attraversato il mondo e sono finita in un quartiere popolare vicino Guápiles, un contesto molto diverso rispetto a ciò che avevo immaginato: paesaggi incontaminati, parchi meravigliosi, bellezze naturali davvero notevoli. La famiglia che mi ha ospitata è stata molto accogliente e ancora adesso sono in contatto con queste persone gentilissime e affettuose che mi hanno fatto sentire a casa mia.
Credo che sia un’esperienza che ogni ragazzo o ragazza di quell’età dovrebbe fare, un’esperienza che ti cambia da tutti i punti di vista. Sono tornata una persona diversa, ho conosciuto gente di ogni nazionalità, cultura, paese, etnia. Ho imparato ad essere autonoma, ad adattarmi anche a contesti a cui non ero abituata, ho ampliato il mio bagaglio culturale. Ho capito che in molti casi non esiste giusto o sbagliato, esiste il diverso. Ed è bello così. In una parola, ho imparato a vivere.
Durante il loro percorso all’estero gli alunni sono seguiti a distanza da tutto il Consiglio di classe e, più in particolare, da un docente tutor nominato allo scopo. Al rientro saranno certificate le competenze acquisite: come infatti previsto dalla Nota 843/2013 del Ministero dell’istruzione, le esperienze di studio all’estero sono “parte integrante dei percorsi di formazione e di istruzione” e sono “valide per la riammissione nell’istituto di provenienza”. La nota prevede anche che ogni scuola definisca in autonomia le modalità di reinserimento.
Gli ultimi dati dell’osservatorio di Intercultura – che risalgono al 2019, prima, cioè, che la pandemia bloccasse il mondo – dicono che nell’anno scolastico 2018-19 circa 10.000 ragazzi italiani hanno trascorso almeno tre mesi di studio all’estero.
Adesso la mobilità è ripresa a pieno ritmo. Da sapere, comunque, che ci sono dei costi: si va dai 13.000 euro per un anno in Lettonia, Polonia o Repubblica Ceca ai circa 27.000 se si sceglie l’Australia. Il bando prevede la possibilità di ottenere una borsa di studio parziale o totale in base a criteri di reddito familiare e di profitto scolastico.
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