Mille euro di multa per avere picchiato l’insegnante del figlio, scaraventandogli anche contro una sedia e altro. Stop. Nessuna condanna penale. Nessuno strascico giudiziario. È andata decisamente bene alla mamma di un alunno che nel maggio del 2019 aggredì in modo veemente una professoressa dell’Istituto professionale Einaudi di Lodi, “colpevole”, a dire del genitore, di avere sospeso la figlia 17enne e di averla lasciata fuori dai cancelli senza avvertire la famiglia.
La professoressa, secondo la ricostruzione, ricorda l’Ansa, “era stata colpita con pugni e bersagliata dal lancio di una sedia e di alcune suppellettili rimediando, poi, una prognosi di pochi giorni al pronto soccorso. Poi aveva sporto querela. Il procuratore di Lodi non ha però qualificato l’episodio nel più grave reato di lesioni a pubblico ufficiale“.
E qui sta il punto. Come mai? Perché qualche mese dopo l’aggressione, il decreto sicurezza bis ha stabilito che i reati commessi verso i pubblici ufficiali, quindi anche verso gli insegnanti, vanno considerati a tutti gli effetti un reato proprio perché costituiscono “oltraggio a pubblico ufficiale”.
La norma – introdotta come risposta all’escalation di casi di violenza verso i docenti e la richiesta di una legge ad hoc – e contenuta nella conversione in legge con modificazioni, pubblicata in G.U. il 9 agosto scorso del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, prevede che “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato”.
Nel caso di Lodi, evidentemente, l’atteggiamento violento del genitore verso la docente non è stato considerato offensivo o sufficientemente aggressivo: nella decisione, molto probabilmente, ha pesato il fatto che il referto del pronto soccorso non riportava un congruo numero di giorni di prognosi.
L’atto ingiustificato e la violenza con cui è stato attuato non sono stati considerati: ora, la donna non si capacita per la mancata qualificazione del proprio ruolo di “pubblico ufficiale” in sede di giudizio.
La querela della professoressa è stata quindi assegnata al giudice di pace di Lodi, che ora, in primo grado, ha deciso per la “multa penale di mille euro per lesioni”: stabilendo quindi un risarcimento, considerando la gravità dell’atto, poco più che simbolico.
Il giudice di pace ha anche disposto a carico della mamma il pagamento delle spese processuali, delle spese di costituzione a parte civile sostenute dalla professoressa e il risarcimento dei danni morali e materiali.
L’allora ministro dell’Istruzione Marco Bussetti dopo l’episodio aveva portato personalmente solidarietà alla professoressa.
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