Molto spesso si parla del modello della scuola finlandese come modello da seguire. Una mamma italiana che vive in un altro paese del Nord Europa, l’Islanda, ha spiegato brevemente a Fanpage come si trova lì e quali sono gli aspetti positivi del sistema scolastico della nazione.
La donna vive in Islanda da sedici anni e ha due figli di undici e tre anni. Ecco le sue parole: “La scuola è completamente gratuita, almeno fino alle elementari e alle secondarie inferiori. I genitori pagano solo i pasti dei bambini. Per mio figlio, ad esempio, la scuola ha coperto ogni cosa, dai libri alle matite. Alle superiori e all’università invece si devono sostenere delle spese maggiori”.
“Sono previste sovvenzioni trimestrali che vengono erogate in base al reddito e al numero di figli fino ai 18 anni. Qui però la vita è molto più cara. Per i bambini è molto bello crescere in Islanda. Mio figlio ha 11 anni e da tempo va scuola da solo, ha le chiavi da casa e si sposta in modo autonomo. In Italia, soprattutto nelle grandi città, sarebbe impensabile”, ha aggiunto, parlando di quanto l’Islanda sia un paese a prova di bambino.
“I bimbi hanno a disposizione molte aree gioco e spazi dedicati per fare sport. In più le famiglie possono portare i figli a giocare negli asili e nelle strutture scolastiche anche fuori dall’orario di apertura. Però, nonostante tutta questa disponibilità, è molto più difficile che i bambini facciano gruppo o creino grosse compagnie di amichetti”, ha concluso.
L’anno scorso la storia della famiglia finlandese Mattson ha fatto il giro del web: la madre di due bambini ha deciso di lasciare la città siciliana perché non condivide il sistema scolastico italiano.
Nella scuola italiana, sostengono i genitori, “la giornata scolastica si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa”, soffermandosi sul fatto che da noi “non esistono pause dov’è permesso muoversi”, ma vi sono “solo piccole pause nella stessa classe“.
Invece, hanno scritto i due ad una testata giornalistica, “in Finlandia, gli studenti hanno una pausa di 15 minuti tra una lezione e l’altra, e lasciano l’aula per giocare insieme nel giardino/patio” con bambini che si “muovono, giocano, urlano e corrono liberamente all’aperto per liberarsi delle energie in eccesso e prendere aria fresca, così da ottenere migliori risultati a scuola”. Tantissimi sono stati i commenti, tra esperti e pedagogisti.
“Sono le neuroscienze a dare ragione alla madre finlandese”, ha detto Cinzia Mion ex dirigente scolastica, pedagogista e formatrice. Per poi aggiungere: “Noi oggi sappiamo che il movimento facilita l’apprendimento“.
Secondo Mario Maviglia, ex provveditore a Brescia, non c’è “nulla di nuovo sotto il sole; ricordo – ci ha detto – il caso di una ragazzina finlandese (16 anni) che qualche anno fa aveva trascorso un anno in un liceo bresciano, e l’espressione più ricorrente per commentare la sua esperienza era: ‘It’s terrible!’ E si trattava di un liceo che ha anche buona fama nel territorio. Le critiche che faceva la studentessa finlandese erano svariate: al mattino all’ingresso in aula sembrano tutti arrabbiati, a momenti neanche ti salutano; troppa competizione tra gli studenti; troppo lavoro individuale, non c’è lavoro di gruppo, non c’è cooperazione, ognuno bada a sé; troppi compiti a casa”.
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