Nicola Paparella, già ordinario di Scienze pedagogiche, nonché socio fondatore e componente di Società scientifiche e Andrea Tarantino, ricercatore a tempo determinato in Didattica e Pedagogia speciale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dei Beni culturali e del Turismo dell’Università di Macerata, firmano un lavoro comune di ricerca pedagogica, “Per una pedagogia di Frontiera. Apprendere, vivere e creare nella città multietnica, inclusiva e resiliente”, Franco Angeli Editore, 22,00 €.
Inserito nella collana “Traiettorie inclusive”, per dare voce alla diverse proposte di ricerca intorno all’inclusione e per approfondire i temi della disabilità, dei Bes, del disagio giovanile e della devianza, il testo ha l’obiettivo di dare un supporto importante alla più recente indagine pedagogica.
Una nuova pedagogia dunque che riesca a scavare nelle zone di frontiera, in quei luoghi cioè posti tra un territorio noto e l’altro da esplorare, da conoscere e indagare. Frontiera che è concetto diverso da limite e da confine. Si tratta di superare quella linea immaginaria oltre la quale insistono i cosiddetti diversi, i non omologati, ma di cui la scuola, l’istruzione, la società devono prendersi cura e avere coscienza del loro stato e dunque intervenire: ma come?
Ed ecco il compito della pedagogia di frontiera, così come la descrivono gli autori.
Implementando cioè una ricerca didattica che travalichi la frontiera del noto per andare al di là, grazie alla sua vocazione naturale a spostarsi, a capire, a spingersi oltre alla conoscenza consolidata, per gettare un filo di luce verso i campi da cui giungono insistenti domande di nuove e più robuste competenze.
Il sapere pedagogico -insistono gli autori- raccoglie ed accoglie queste voci insieme ai disagi, alle speranze, alle angosce della contemporaneità, fra le quali si nascondono fragilità e nuovi bisogni o anche soltanto nuove configurazioni di antichi bisogni.
Ma il punto chiave è forse costituito dal concetto di “Integrazione e inclusione in una società plurale” dentro cui anche la città diventa strumento di conoscenza e di confronto, soprattutto quando diventa multietnica.
La frontiera oltre la quale gli Autori provano a gettare uno sguardo prudente e generoso ha come punto focale un discorso che non si lasci imbrigliare dal pantano delle mode, dal deserto della volgarità, dalle spinte dell’omologazione e dalle false sicurezze della stereotipia.
L ‘obiettivo è guadagnare un nuovo umanesimo, capace di valorizzare la singolarità e la convivenza nella città inclusiva, tollerante, tecnologica e libera da ogni sovranismo, ivi compreso quello degli algoritmi che disumanizza e riduce i margini della responsabilità personale.
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