Beffati, ancora una volta. È questo il sentimento prevalente tra i precari della scuola dopo i tentennamenti del Governo sul piano assunzioni. A raccontarlo all’Ansa è una docente del Sud, Monica.
“Mi sento umiliata. Avremmo dovuto essere la nuova generazione di insegnanti e ci hanno negato questa possibilità”. Monica, 33 anni, laureata a 22, specializzata a 25, abilitata nel 2006 e iscritta nelle graduatorie a esaurimento dal 2007 è demoralizzata. Insegna storia e filosofia al liceo. Quando ci riesce. La sua storia professionale, sembra essere quella di decine di migliaia di supplenti di lungo corso.
“Sono partita bene, lavoravo tutto l’anno. Ora – racconta alla vigilia del consiglio dei ministri che dovrà varare, almeno in parte, la “Buona scuola” – sono due anni che riesco a mala pena a fare qualche supplenza. Mi sono spostata pure dalla mia provincia, Catanzaro, a Benevento nella speranza di conquistare l’agognato ruolo, ma il sacrificio non è servito a molto”. Al “faraonico” piano di assunzioni annunciato dal Governo confessa di non aver mai creduto davvero, ma ciononostante, come parecchi colleghi, ci ha sperato.
“Non mi sembrava realizzabile. Noi siamo ormai abituati ai cambiamenti, ma questo far balenare speranze e poi deluderle ci ha sfiancati. Sto seguendo un corso di specializzazione sul sostegno e vedo, parlando con altri insegnanti, che in tanti non hanno preso sul serio questa infornata di assunzioni. Forse i primi in graduatoria ci hanno contato, ma gli altri….”.
“Prima di parlare di svuotamento delle graduatorie bisognerebbe avere ben chiare – prosegue Monica – alcune variabili. I posti, soprattutto al Sud, per alcune classi di concorso non ci sono. La mia, ad esempio, l’area umanistica, è satura un po’ ovunque. Non riesco a capire come possano avere pensato di svuotare le graduatorie quando i posti mancano. Vanno poi considerati i ‘passaggi’ per fare una ricognizione precisa dell’esistente: i laureati in pedagogia prima del ’99, ad esempio, dalle elementari possono passare a insegnare filosofia alle Superiori”.
E pure il “fantomatico” organico funzionale, secondo Monica, rischia di svilire il ruolo stesso dell’insegnante. “Mi sono abilitata, ho seguito corsi di formazione con l’obiettivo di avere un vero lavoro, la mia classe, un rapporto continuo con i miei alunni. Se l’organico funzionale venisse interpretato come un tappabuchi è ben lontano dalla professione che ho sempre sognato”.
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