Chi fa con passione il proprio lavoro cercherà di continuare a farlo in una situazione più difficile, perché caratterizzata da invidie e competizione, invece che da un clima di cooperazione in grado di attivare sinergie positive e chi non lo fa bene continuerà come prima indifferente al fatto di ricevere una retribuzione leggermente più bassa.
Se si volesse davvero premiare il merito, bisognerebbe cominciare con il retribuire tutte le ore di straordinario che fanno gli insegnanti impegnati in funzioni di coordinamento e progettazione e in attività didattiche aggiuntive.
Poi sarebbe, a mio parere, necessario creare presso gli Uffici provinciali gruppi di consulenti e formatori (a loro volta ben formati e ancora in servizio nelle classi come docenti) che entrano come osservatori nelle classi delle scuole che richiedono il loro intervento.
Il loro compito non dovrebbe essere quello di premiare o punire, ma quello di aiutare gli insegnanti a migliorare la qualità del proprio insegnamento.
Questi interventi dovrebbero poter essere attivati su richiesta: degli insegnanti stessi che sentono di aver bisogno di aiuto, del consiglio di classe o team, del collegio docenti o del dirigente, anche su segnalazione degli studenti e dei genitori che rilevano situazioni di difficoltà o inadeguatezza.
Solo nel caso in cui la consulenza e la formazione non modifichino la situazione i consulenti (almeno due) insieme al dirigente dovrebbero redigere una relazione che apre una procedura per la dichiarazione di inidoneità e il passaggio ad altra mansione.
Lo scopo non deve essere quello di distribuire premi e punizioni, ma quello e di guidare verso il miglioramento delle competenze didattiche, pedagogiche, relazionali.
Solo così la scuola può essere davvero una “buona scuola”.
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