La prova orale del prossimo esame di Stato dovrà avere la durata complessiva di 60 minuti e partirà dalla discussione di un elaborato sulle discipline di indirizzo, la cui “traccia” verrà comunicata agli studenti il 1° giugno. L’elaborato andrà poi consegnato, via mail, ai commissari interni entro il 13 giugno.
Per decenni i docenti sono stati impegnati a far svolgere verifiche scritte facendo attenzione che gli studenti non copiassero. Addirittura, in virtù dell’articolo 1 della legge 475/1925, copiare o farsi fare un compito, o far copiare è un reato punibile con la reclusione. L’articolo in questione recita come segue: “Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento o all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito”.
Bene, ora veniamo invece a sapere che al prossimo esame di Stato tutto questo sarà possibile: anzi, copiare, o farsi fare da altri più esperti e competenti l’elaborato richiesto potrà rivelarsi, pur restando un atto illegale e perseguibile dalla legge, sicuramente comodo e vantaggioso, dato che qualsiasi controllo efficace, oggettivo e documentato risulterà poco praticabile.
I casi infatti sono due: o si parte dal presupposto che l’efficacia di una norma e la sua applicabilità siano indipendenti dai controlli che vengono fatti affinché sia rispettata, e allora tutti quelli svolti nei decenni passati sarebbero stati inutili e superflui; oppure li si considera necessari affinché la norma sia applicata in maniera efficace, e allora in questo caso, non essendo nessuno in grado di scoprire e provare che un candidato si sia fatto fare l’elaborato in oggetto da qualcun altro, si sa già in partenza che non verrà rispettata, e quindi, con questo tipo di prova, s’induce più o meno direttamente a non rispettarla.
Certo, è anche vero che con le vecchie “tesine” accadeva qualcosa di simile, ma molte di esse scaturivano almeno da un lavoro pregresso fatto in classe con i docenti, erano frutto di scelte e sensibilità che caratterizzavano gli studenti, i loro gusti e i loro interessi; in questo caso, invece, l’elaborato in questione può essere interamente confezionato da altri, senza che sia possibile rivelarne l’origine e favorendo chi è in grado di procurarsi gli aiuti migliori, e se in parte questa discriminazione potrà essere mitigata dalla sua breve discussione durante l’esame, la differenza di partenza tra le diverse qualità delle varie stesure potrà comunque incidere sulla valutazione finale.
Il sospetto è quindi che questa circostanza consenta ai diversi candidati di trovarsi in condizioni diverse rispetto alla legge, che potrebbe non rivelarsi, una volta di più, “uguale per tutti”. Se infatti alcuni avranno la possibilità economica di farsi approntare un elaborato da personale qualificato, altri non potranno farlo, introducendo una discriminazione in aperto contrasto con l’articolo 3 della nostra Costituzione, nel quale è scritto che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge anche “… senza distinzione (…) di condizioni personali e sociali”.
In compenso, i candidati potranno parlare in presenza per un’ora a voce alta in una stanza chiusa, anche senza mascherina, mentre di quelle che saranno indossate dai commissari non sappiamo ancora se saranno atte solo ad evitare di contagiare o anche ad essere contagiati, per esempio attraverso gli occhi. Nonostante i 2 metri quadri di distanziamento previsti, in ogni caso la protezione non potrà essere completa, dato che le goccioline più piccole di saliva possono giungere fino a 4 o 5 metri di distanza (8 metri con uno starnuto). A questo riguardo, può risultare illuminante la lettura di questi due recenti articoli:
Specialmente con un po’ di vento (le finestre aperte, anche alla luce della temperatura prevedibile, sono raccomandate) la situazione non sarà di certo particolarmente rilassante e propizia a scongiurare contagi: per circa una settimana, in ogni aula e ogni mattina ci saranno cinque ore di fonazione a voce alta, che insieme qualche colpo di tosse e a uno starnuto o due potranno lasciare a lungo nell’aria goccioline in sospensione.
In questo clima sereno e disteso, il candidato dovrà collegare diversi argomenti partendo dallo spunto che gli è stato fornito per l’elaborato; poi rispondere forse a qualche domanda su circa sei discipline diverse e dire qualcosa di possibilmente interessante su quanto fatto durante l’anno. In circa un’ora, la commissione – tutta composta da membri interni e quindi dopo aver verificato la preparazione di un candidato che conosce bene – potrà decidere, in base all’andamento di quell’ora, il 40% del punteggio complessivo del suo esame.
La ministra Azzolina ha detto che in questo modo si è voluto dare più peso al curricolo del candidato, che inciderebbe per il 60%, invece del 40% precedente. In realtà, a ben vedere, non è così. Fino a pochi anni fa, ad esempio, c’erano tre prove scritte, per complessive 14 ore, più un’ora circa di prova orale. Tutto questo incideva per il 60%. Ogni ora dell’esame incideva per il 4%. Con l’esame 2020, ogni ora di esame incide per il 40%. Non pare dunque vero quanto asserito dalla ministra: l’incidenza di ogni ora dell’esame inciderà infatti molto di più sia rispetto a quanto accadeva prima sia rispetto ad un’ora di verifica durante il quinquennio. Supponiamo infatti che per ogni disciplina ci siano almeno 4 ore di verifiche ogni anno (il calcolo è al ribasso, perché non si tiene conto del tempo notevole dedicato alle prove scritte): per 8 discipline e 5 anni scolastici fa 180 ore di verifiche, e 60:180 fornisce come dato di comparazione lo 0,33% d’incidenza per ogni ora, contro il 40% dell’ora d’esame previsto quest’anno.
Facendo l’esame a distanza da casa, viceversa, in un clima più sereno e dedicando magari un po’ più tempo ad ogni studente, riservando solo il 20% all’incidenza della prova d’esame sul punteggio complessivo, ma anche riproponendo le tesine al posto di “elaborati”, si sarebbe probabilmente consentito a ciascun candidato di conseguire un risultato finale più simile a quello della sua reale preparazione, e cioè un risultato meno aleatorio e complessivamente meno ingiusto, attraverso un esame per tutti assai meno pericoloso.
Gustavo Micheletti
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