Siamo i relatori del controverso incontro sul gender al “Falcone”di Rende (CS).
Rispondiamo, con un supplemento di riflessione, ad alcuni commenti sull’articolo che riassumeva le nostre relazioni.
Qualcuno pensa che le nostre relazioni invitassero a disattendere alle direttive ministeriali. Chi era presente all’incontro, ha avuto modo di costatare di persona come tutto ciò che si è detto fosse invece perfettamente in linea con le direttive ministeriali.
Sono state citate, infatti, le dichiarazioni dei due ministri Giannini e Fedeli in merito alla totale inopportunità di utilizzare nelle scuole la cosiddetta “ideologia gender”, per trattare le tematiche relative al comma 16 della legge 107 (discriminazione, violenza, bullismo, parità di genere). È stato chiaramente affermato che per “rischio gender” non si intendono i progetti relativi a bullismo, cyberbullismo, discriminazione e violenza di genere, condivisi dalla Comunità scolastica (Docenti, Genitori, Dirigente, Non docenti ed eventualmente Territorio), bensì quelli che s’insinuano subdolamente, senza tale condivisione, e che utilizzano l’ideologia gender, sebbene priva di una sua identità e validità scientifica.
Tale ideologia, quando si insinua, può essere individuata da alcune affermazioni esplicite o sottintese, chiaramente evidenziate nel corso della relazione. Riportiamo a questo proposito una diapositiva proiettata e illustrata nel corso della relazione:
Il primo passo per difendersi dall’ideologia gender è quello di scovarla nelle iniziative in cui si cela. Spesso, infatti, il gender viene veicolato da progetti che dichiarano la nobile intenzione di contrastare le discriminazioni, il bullismo, la violenza di genere. Ma se in un testo, in un progetto scolastico, in un film, viene sostenuto qualcuno tra i seguenti concetti, vuol dire che ci si trova nell’ambito dell’ideologia gender.
1. Maschio e femmina sono uguali (non “di pari dignità o importanza”, ma proprio equivalenti, intercambiabili).
2. Il sesso biologico è modificabile.
3. La famiglia naturale non esiste (è una costruzione sociale).
4. Desessualizzare la genitorialità (i figli non nascono solo dal rapporto sessuale, ma possono anche essere generati artificialmente da qualsiasi aggregato sociale – papà e mamma non sono necessari).
Qualcun’altro critica il fatto che nella parte introduttiva (biologica), dell’incontro siano state citate le parole del Papa, non essendo il Papa uno scienziato. Ci domandiamo per quale strano motivo si pensa che una relazione di un medico debba essere fatta unicamente di dati scientifici. A noi pare lecito riferire dei fatti, ovviamente senza presentare come scientifico ciò che scientifico non è. Infatti, le parole del Papa non sono state citate come argomento scientifico, ma per contestualizzare la questione, e mostrare che l’allarme proviene da fonti autorevoli. Del resto sono state citate anche autorevoli voci del mondo laico (p. es. D. Fusaro, giovane filosofo marxista), che condividono la stessa preoccupazione sull’esistenza di un pericolo gender.
Per chi non era presente, sarà bene spiegare in cosa consiste questo pericolo: costruire una società basandosi sull’idea di una sostanziale equivalenza (non “parità”, si noti, ma totale “equivalenza”, “indifferenza”, “intercambiabilità”) tra il maschile e il femminile. Non è solo una “idea”, ma una prospettiva che si fa norma, influenzando le leggi, la cultura, i media, l’educazione.
L’allarme è giustificato solo perché lo lanciano personalità autorevoli? Certamente no: infatti, nel corso dell’incontro, le argomentazioni scientifiche non sono mancate. Vengono da qualcuno tirati in ballo gli studi di genere. Gli studi di genere, anch’essi citati nel corso della relazione, dimostrano «che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali» (dichiarazione dell’Associazione Italiana di Psicologia del 12/03/2015). Ma gli studi di genere, che privilegiano nelle loro ricerche gli aspetti culturali, sociologici e psicosociologici dell’identità sessuale, tralasciando di studiarne gli aspetti biologici e psicofisiologici, non intendono certamente negare l’importanza di questi ultimi. Ancor meno si può affermare che gli studi di genere portino a considerare come stereotipi e pregiudizi tutte le differenze tra uomo e donna, (anche quelle che rendono idonea la persona a essere padre o madre). Al contrario, esistono, e sono state sottolineate durante l’incontro, convincenti documentazioni scientifiche di una reale differenza tra i sessi.
Ovviamente, se la differenza esiste, è necessario tenerne conto in ogni vera azione di contrasto alle discriminazioni. Qualunque azione, se si basa su presupposti errati, sarà inefficace e dannosa.
Eppure la convinzione erronea che la differenza sessuale non sia significativa, che sia solo un pregiudizio, frutto di condizionamenti culturali e sociali, è diventata un vero e proprio “sistema di idee” (= ideologia), una mentalità, che qualcuno porta avanti con varie iniziative, per farla penetrare ampiamente e profondamente nella società: è questo ciò che chiamiamo “ideologia del gender”. Oltretutto queste iniziative sono spesso condotte senza salvaguardare il pluralismo delle visioni culturali, voluto per la nostra scuola dalla nostra Costituzione, né il primato dei genitori nell’educazione dei figli, primato sancito dall’art 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, da altre correlative Dichiarazioni internazionali, dalla nostra Costituzione e dal nostro Codice civile.
È solo una nostra impressione? Ciascuno osservi la cronaca quotidiana e giudichi da sé.
Sperando di aver apportato un utile contributo alla comprensione della questione.
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