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Una riflessione sulla riapertura della scuola

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Scrivo in continuità con la Lettera Aperta inviata dal comitato “A scuola!” per un confronto tra genitori e per sollecitare una riflessione tra docenti per questa riapertura della scuola, ancora tanto discussa ad alti livelli nei tempi e nei modi, ma apparentemente priva di indirizzi generali su un “come aprire” che qualifichi l’ambiente scolastico come spazio di crescita e di formazione. Chiederei per questo a tutti di divulgare questo mio scritto oltre che di compartecipare in una molteplicità di forme nell’intenzione di sollecitare azioni buone propulsive.

Siamo a ridosso della fine di un quadrimestre, al rientro da un periodo di vacanza natalizia anomala, come d’altra parte tutti gli ultimi 9 mesi di vita. Le reazioni dei ragazzi allo stare a casa sono state diverse e variegate, lo sappiamo, in tanti li guardiamo con il fiato trattenuto e in attesa di segnali vitali di buona resilienza che ci confermino che ce la possano fare senza pesanti ammaccature.

Per quanto mi riguarda tremo all’idea che qualcuno di loro possa non trovare delle buone risposte all’angoscia di tornare ad uscire di casa quotidianamente con mascherina sul viso, prendere i mezzi (qualcuno per lunghe percorrenze lontano da casa), rincontrare una classe diversa con metà dei compagni, stare al banco, vivere una scuola con grosse limitazioni, investire in queste circostanze impegno, puntualità, memoria, attenzione, concentrazione …

Sarei stata di molto rassicurata se nei dibattiti d’attualità avessi sentito parlare di linee guida in aiuto ai docenti, di criteri generali che animano questa tanto discussa riapertura, invece mi pare che al di là delle specifiche tutele sanitarie che tanto parlano di ripari da responsabilità istituzionali e politiche, tutto proceda sulla linea operativa del “si fa come sempre”, lasciando ogni riadattamento necessario alla tacita iniziativa spontanea dei docenti o delle singole scuole, che forse è ancora peggio sotto il profilo di garanzie di ruolo istituzionale.

Si sta dibattendo sul fare rientrare e quando i ragazzi a scuola al 50%, con potenziamento -non si sa bene come- dei mezzi pubblici, con orari scaglionati e poi, …cos’altro? Mi pare nulla di altro. Tutto rimane come già definito dai programmi scolastici e, si procede come sempre, -come se nulla fosse accaduto- dal punto di vista dei programmi.

Immagino che per i docenti ci sarà da riempire in corsa e con affanno la casella delle votazioni utili alla conclusione del quadrimestre per poi proseguire nel programma scolastico. Quali costi per i ragazzi e i docenti? Quale occasione persa? Quali benefici perseguire? Come garantire un rientro sereno che getti le basi per perseguire una buona formazione?

Sento che una volta ancora la scuola italiana e tutta la società sta perdendo l’occasione di investire sui giovani, di dare legittimità al loro esistere e trovo sia una grande mancanza delle istituzioni alte non tenere in attenzione come stanno oggi dei ragazzi tanto limitati nella socializzazione in un’età topica. “Un Paese che non ha il coraggio di decidere, e anche di rischiare, per il benessere dei più giovani non ha né visione, né futuro.” Non è una riflessione ripiegata su una figlia, su una classe o sul nostro liceo, ma estesa sull’orizzonte temporale che stiamo attraversando. Non ho risposte ma solo il desiderio di tenere aperto uno spazio vitale e generativo.

L’Italia è storicamente uno dei paesi dove esimi maestri della pedagogia hanno alimentato esperienze virtuose in epoche storicamente difficili e in situazioni al limite. Con questa pandemia la scuola può avere un’importante occasione per interrogarsi sul suo operato. Avrei il desiderio che chi si occupa di educazione e di ragazzi venga ascoltato e metta a disposizione competenza e tempo per ridisegnare delle traiettorie di ripartenza possibili per oggi e per il futuro della scuola.

Vorrei chiedere ai docenti della nostra classe e a tutti i genitori di desiderare una buona scuola non solo per il proprio figlio, ma per tutti i giovani che abbiamo di proposito istituzionalmente chiuso in casa, più di altre generazioni, per una pandemia. Rivolgo il miglior augurio a tutti, davvero.

Alessandra Butti