Lo afferma uno studio del Mit, pubblicato dalla rivista Neuron, secondo cui questi test possono essere usati per intervenire prima che insorgano i problemi.
La ricerca si basa sull’analisi degli studi pubblicati finora sulla correlazione tra dati ottenuti da risonanza e vari aspetti del cervello. In dettaglio gli autori affrontano il tema delle difficoltà di apprendimento, dei problemi nell’educazione dei bambini, del rischio di criminalità, della salute e della risposta ad alcuni trattamenti. In tutti i campi, affermano, le misure con la risonanza si rivelano superiori a quelle tradizionali nello svelare i problemi in anticipo rispetto alla loro manifestazione.
Spiega John Gabrieli, uno degli autori: «Ora noi spesso aspettiamo un fallimento, a scuola o nella cura della salute mentale, prima di intervenire, ma a quel punto ci sono già stati molti danni. Se si potesse usare l’imaging del cervello per individuare le persone ad alto rischio si potrebbero aiutare prima. Queste conoscenze devono però essere usate per aiutare le persone, e non per limitare il supporto a chi è ad alto rischio di fallimento. Ad esempio in una scuola non dovrebbero limitarsi a stabilire chi è ad alto rischio di insuccesso nei programmi, ma suggerire una educazione personalizzata in base all’esito del test».
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