Sulla pagina milanese del Corriere della sera è stata pubblicata una lettera di uno studente di liceo classico che, terminato il percorso scolastico, vuole “ragionare seriamente su che tipo di scuola si vuole costruire e su che modello basare l’insegnamento”.
E’ una lettera molto critica rispetto al suo vissuto scolastico perché nella scuola “ciò che conta è il risultato, non il percorso” e “ quello che sei è il voto, non la tua crescita e le tue esperienze”.
Un esposto generalizzabile, rappresentativo delle sollecitazioni cui sono sottoposti gli studenti.
Stridente il contrasto con l’oggetto del mandato conferito alle scuole, specificato nel PROFILO CULTURALE, EDUCATIVO E PROFESSIONALE DEI LICEI che recita:
“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà”…
“Per raggiungere questi risultati occorre il concorso e la piena valorizzazione di tutti gli aspetti del lavoro scolastico:
· lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica;
· la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari;
· l’esercizio di lettura, analisi, traduzione di testi letterari, filosofici, storici, scientifici, saggistici e di interpretazione di opere d’arte;
· l’uso costante del laboratorio per l’insegnamento delle discipline scientifiche;
· la pratica dell’argomentazione e del confronto;
· la cura di una modalità espositiva scritta ed orale corretta, pertinente, efficace e personale;
· l‘uso degli strumenti multimediali a supporto dello studio e della ricerca”
I suggerimenti didattici sono completati da una casistica delle competenze generali che gli studenti devono conquistare.
La disattenzione verso le regole, la loro trasgressione è la causa dell’evidente dicotomia tra norma e prassi, derivante da una dirigenza scolastica inefficace.
In questo scenario appare inspiegabile l’aumento della retribuzione dei presidi, disposta in questi giorni, con punte di 500 euro mensili netti.
Enrico Maranzana
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