Politica scolastica

Una scuola che punisce senza educare? Le ultime disposizioni di Valditara fanno discutere

A lanciare strali contro il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sulle pagine di Vita.it,  è Alex Corlazzoli, secondo il quale si preferisce “la dimensione punitiva della scuola, anziché affrontare il tema del comportamento;  una visione, quella della “cattiva condotta” non condivisa dai pedagogisti, mentre ritorna l’obbligo per gli studenti di scrivere i compiti sul diario di carta e il divieto di utilizzo del cellulare a scuola anche per finalità didattiche che sembrano un chiaro segnale  di  nostalgia del passato.

A cominciare dal voto in condotta, continuare col divieto dei cellulari in classe e finire col diario di carta: “dobbiamo riabituare i nostri ragazzi a scrivere, al rapporto con la penna e con la carta”.

Secondo il docente e giornalista  Corlazzoli, la scuola ha perso il senso della comunità, incanalandosi in quello di “un’azienda e questo governo in modo particolare continua a porre l’accento sulla sola punizione dei più giovani. Pensare che chi ha sei in condotta andrà a fare l’esame di educazione civica a settembre è ridicolo: vuol dire far diventare antipatica ai ragazzi l’educazione civica. Così come è controproducente l’approccio per cui se sbagli ti faccio fare i lavori socialmente utili: il volontariato non è una punizione. Questa impostazione riflette un atteggiamento che denota in maniera lapalissiana la mancanza di conoscenze e competenze pedagogiche”.

E ancora, relativamente a recupero della cosiddetta autorevolezza dei prof, per il docente e giornalista, non si conquista con i voti condotta, ma se il prof  sa stare nelle situazioni di conflitto. 

Per quanto riguarda invece l’obbligo per i ragazzi di scrivere i compiti sul diario, esso dimostra nostalgia del passato. “Non dico- spiega Carlazzoli-  che non ci deve essere il diario, ma lasciamo la libertà ai ragazzi di utilizzare il diario che vogliono. Se l’obiettivo è far tornare i ragazzi a scrivere a mano, come sembra suggerire il ministro, certo non ritorneranno ad appassionarsi a scrivere a mano perché tu li obblighi al diario o con imposizioni di vario genere. Lo faranno magari con un progetto sulla scrittura”.

Uguale discorso per il no ai cellulari in classe, neanche a scopo didattico. Per il docente, a parte il fatto che sono stati spesi milioni per tablet, computer e formazione digitale degli insegnanti, “il no al cellulare per scopi didattici è un po’ come il diario di carta. L’approccio di Valditara è frutto di una metodologia che si rifà alla scuola che ha conosciuto lui e non ad una scelta fatta insieme ai pedagogisti. I cellulari distraggono? Il tema vero è avere degli insegnanti che sappiano essere empatici con i ragazzi e che sappiano fare lezione. È chiaro, il cellulare non è in sé uno strumento diabolico, mi interrogo però sul tipo di didattica digitale che offriamo, considerando che abbiamo una massa enorme di insegnanti che non sanno utilizzare le tecnologie”.

Una solfa sarebbero invece i dati Invalsi, “una ripetizione perenne nel dirci che l’apprendimento in Italia è lacunoso. E possono essere accettabile, ma ciò che preoccupa di più sono i dati del Sud, “perché si mette a rischio la presenza in futuro di ingegneri, medici, fisici ma anche di pedagogisti che sappiamo leggere un grafico. Ma è una rilevazione sterile. Perché sulla base di questi numeri poi che facciamo? Tutti annunciano progetti, che però non realizzano mai”.

Pasquale Almirante

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