Esprimiamo solidarietà ai genitori del ragazzo quindicenne sottratto alla vita, agli affetti, in un modo tanto improvviso, quanto assurdo.
Sembra, da quello che è stato riferito, che il ragazzo non si aspettasse la bocciatura; negli ultimi tempi aveva mostrato un certo impegno, secondo le dichiarazioni dei genitori.
Forse era convinto di aver salvato l’anno scolastico, malgrado le inevitabili lacune da colmare in alcune materie.
Forse si aspettava maggiore attenzione, più benevolenza e generosità, dai suoi insegnanti.
Arriva, invece, la bocciatura e il successivo scontro verbale con gli stessi insegnanti, la perdita di conoscenza e, infine, la morte, per arresto cardiocircolatorio (secondo i medici dell’ospedale, dove il ragazzo è stato ricoverato).
Il fatto ci addolora, certo, ma è giusto argomentare con la logica del post hoc, propter hoc?
In altre parole, poiché l’evento mortale è accaduto dopo la constatazione della bocciatura, è corretto sostenere che la causa sia la bocciatura stessa?
Noi siamo convinti di no!
Rinnovando solidarietà alla famiglia dello studente, in questa nostra opinione, ci regge un’elementare considerazione:
le statistiche documentano, annualmente, un numero di bocciati oscillante tra il dieci e il venti per cento, a seconda del tipo di scuola, più bassa nei licei, a valori intermedi negli istituti tecnici, più elevata negli istituti professionali.
Risulta a qualcuno che, anno dopo anno, alla lettura dei risultati finali, muoiano migliaia di studenti?
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