Estero

Una scuola con sempre più barriere: caso italiano e statunitense a confronto

La Dichiarazione di Indipendenza del 1776 degli USA, sottoscritta successivamente e dissidi di natura bellica e giuridica, lascia spazio a nuove tensioni nel panorama di assestamento istituzionale voluta da Jefferson, Madison e Hamilton, tra questioni relative a federalismo ed antifederalismo. Alcune realtà, come il Virginia e la Pennsylvenia, sono stati noti per il bagliore di rappresentanza democratica diretta di cui godeva la popolazione, a differenza di stai come il Maryland in cui questa era decisamente compromessa da lotte di potere. Il piano di Adams, in ottemperanza al Québec e Costitution Act adottato da Giorgio III d’Inghilterra, era quello di favorire in queste aree una partecipazione etnica attiva alla vita istituzionale, in riferimento anche alla scuola. Le successive riforme, in riferimento all’equilibrio anche relativo alla rivoluzione francese – mantenendo il contatto con uno spazio atlantico complessivo – portarono ad una riduzione complessiva dei diritti della popolazione di colore. Questi fatti risalgono al periodo 1774 – 1804. La controversia contemporanea fa riferimento alle scuole, ove l’ammissione avviene su base etnica, specie per realtà in cui la tensione sociale risulta elevatissima: Virginia in primis. La relativa Corte Suprema ha rinviato per l’ennesima volta il dibattito decisivo ove si discuteva di procedure applicabili all’interno dei singoli istituti scolastici per alleviare le divergenze etniche e limitare la ghettizzazione della popolazione scolastica di origini afroamericane.

Una questione politica? Una scuola modello

Martedì scorso, 20 febbraio, la Corte Suprema ha evitato un altro dibattito controverso su razza e istruzione respingendo una sfida a una politica di ammissione volta a incoraggiare la diversità in una scuola superiore della Virginia. La decisione dell’Alta Corte di non intervenire nel caso arriva pochi mesi dopo che la corte conservatrice ha posto fine alla considerazione delle diversità etniche nelle ammissioni al college. Ciò lascia in dubbio se la corte, che ha una maggioranza conservatrice di 6 voti a favore e 3 contrari, abbia i voti per eliminare le politiche di ammissione che non considerano esplicitamente l’etnia dello studente ma che tuttavia portano a una classe più diversificata.

Due giudici conservatori, Samuel Alito e Clarence Thomas, hanno dissentito, affermando che la corte avrebbe dovuto annullare la politica. “Dovremmo cancellare la decisione dai libri contabili”, ha scritto Alito a proposito della decisione del tribunale di grado inferiore che ha permesso che il processo di ammissione rimanesse in vigore. La corte d’appello ha effettivamente concluso che “la discriminazione razziale intenzionale è costituzionale finché non è troppo grave”, ha aggiunto. Il governatore della Virginia Glenn Youngkin, un repubblicano, ha dichiarato in un post su X di essere deluso dal fatto che la Corte Suprema non si sia occupata del caso. “Questa nazione è stata costruita sull’idea di costruire un futuro migliore attraverso il duro lavoro e la determinazione e dovremmo impegnarci nuovamente per questi ideali. Le ammissioni dovrebbero essere basate sul merito”, ha aggiunto.

Una scuola con sempre più barriere: caso italiano e statunitense a confronto

Le recenti dichiarazioni di Ernesto Galli Della Loggia, ripresi da un articolo de La Tecnica della Scuola, insistono sulle difficoltà intraprese dalla scuola italiana in riferimento alla percentuale della popolazione studentesca affetta da disabilità o Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il fatto, che ha provocato molto sgomento, conferma che, anche per rispettabili personaggi del panorama culturale nostrano, persiste notevole inconsapevolezza circa la popolazione scolastica e le sue necessità. Il riproporsi di classi differenziali basate sui talenti degli studenti e favorendo la ghettizzazione di quelli meno prestanti non risulta coerente con lo stato reale della popolazione scolastica, che tende a ridursi di oltre 100.000 studenti l’anno, la quale inoltre il 99 % è costituita da alunni “meritevoli”, ovvero non affetti da disturbi cognitivi. In riferimento agli Stati Uniti, la medesima questione è posta sul piano etnografico e culturale: non è importante come si va a scuola, ma chi ci va.

Le Corti locali hanno difficoltà a districarsi rispetto alle questioni politiche in sospeso: le sessioni circa cai di ghettizzazione ed esclusione – in riferimento a Maryland, Pennsylvania e Virginia – sono continuamente rimandate per motivi politici. Inoltre le posizioni conservatrici rischiano di isolare la popolazione scolastica etnicamente differente favorendo così formazione non in linea e standardizzata tra gruppi.

Andrea Maggi

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