L’on. Valentina Aprea, assessore regionale all’istruzione della regione Lombardia, rispondendo ad una mozione del Consiglio regionale, prende posizione di parte sulla kafkiana questione del blocco del concorso per dirigenti scolastici della Lombardia.
Parliamo di una posizione di parte, perché l’assessore parla a favore degli idonei al concorso senza considerare chi grida allo scandalo per la questione della trasparenza delle buste che invece avrebbero dovuto garantire l’anonimato dei candidati, nella fase di correzione delle prove scritte. Infatti l’Aprea sostiene che per un problema di buste che astrattamente avrebbero potuto mettere in discussione l’anonimato dei partecipanti si annullano gli enormi sforzi fatti dagli oltre 400 vincitori e si lascia la scuola lombarda in una situazione grave, con più di un terzo delle scuole lombarde senza dirigente.
Il termine “astrattamente” usato dall’Aprea , ci fa comprendere come l’onorevole, prima che si esprima il Consiglio di Stato, ha già deciso come sono andate le cose e da che parte stare.
Più comprensibile invece ed anche più giusto, la parte dell’intervento, in cui la stessa Aprea, si pone il grave problema della vacanza di nomina di dirigente scolastico su un terzo delle scuole lombarde. L’assessore regionale ha ribadito che, in pieno accordo con l’Ufficio scolastico regionale e i sindacati, l’attuale situazione della reggenza non possa che essere transitoria, perché dirigere un’istituzione scolastica è un lavoro impegnativo e non consente al dirigente di dividersi su due istituzioni.
L’Aprea fa notare che il dimensionamento scolastico ha creato scuole che ospitano 1000 alunni e spesso sono anche articolati in più plessi, con oltre 100 dipendenti, per cui è necessario dare un dirigente stabile, in modo da garantire competenza e soprattutto presenza. L’Aprea, nella sua risposta alla mozione, conclude dicendo : “Lo scorso 4 giugno vi è stata l’attesa udienza alla VI Commissione del Consiglio di Stato, per discutere il merito relativo al ricorso.
L’Avvocatura dello Stato ha richiamato i due pareri tecnici forniti per l’amministrazione dal Poligrafico dello Stato e, su incarico del presidente della VI sez. Giorgio Severini dal prof. Teodoro Valente, Università La Sapienza.
Secondo entrambi tali pareri il valore medio di opacità delle buste non era inferiore al 96 per cento, più che sufficiente a mantenere la riservatezza dei dati anagrafici contenuti nelle buste.
“Aspettiamo la sentenza con fiducia” ha concluso l’assessore.
Per completezza di informazione, bisogna ricordare che gli avvocati dei ricorrenti, non parlano di buste astrattamente trasparenti, ma al contrario hanno elementi concreti per asserire il contrario. Non resta che attendere serenamente la sentenza del Consiglio di Stato, che metterà fine a questa vicenda dai contorni kafkiani.
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