Dal 2000 (ultimo anno della gestione De Mauro, ministro dell’allora governo di centro sinistra) al 2004 gli alunni che frequentano la scuola italiana sono diminuiti del 12%, passando da 7.556.734 a 6.698.196. Tutto ciò malgrado l’ingresso di 361 mila stranieri. Parallelamente sono diminuite le classi di circa il 10%, passando dalle 371.076 del 2000 alle 331.489 attuali.
Anche l’organico del personale ha subito identico ridimensionamento. I posti registrati dalle statistiche ministeriali sono passati da 750.331 del 2000 ai 738.989 del 2004.
alunni
classi
posti
anno 2000
7.556.734
371.076
750.331
anno 2005
6.698.196
331.489
738.989
variazione
– 12%
– 10,66%
-12%
La diminuzione del personale nei quattro anni considerati è stata di 11.342 unità, tutte quante coperte dal turnover. Solo nell’anno 2004/2005 infatti le cessazioni dal servizio sono state 23.888.
Cessazioni dal servizio 2004/2005
Scuola dell’infanzia
1.677
Scuola primaria
5.234
Secondaria di I grado
4.538
Secondaria di II grado
5.157
Personale Ata
7.282
totale
23.888
Docenti e personale Ata, fine del precariato?
Il numero effettivo di insegnanti precari che lavorano stabilmente nelle scuole statali, cioè su posti vacanti nell’organico di diritto e in quello di fatto, è di 127.400 unità (93.738 con contratto fino al 30 giugno e 33.662 con incarico annuale – dati Miur a.s. 2004/2005), oltre a circa 15/20mila precari che svolgono supplenze brevi in sostituzione di colleghi temporaneamente assenti per malattie, gravidanze, permessi, ecc. Rispetto all’a.s. 1998/99 (65.357 docenti precari) tale contingente è praticamente raddoppiato e ha raggiunto cifre che non hanno precedenti nella storia del nostro sistema scolastico. L’ultimo contingente di 35.000 immissioni in ruolo rappresenta solo il 27% dei posti attualmente disponibili per i docenti.
Per il personale Ata il numero dei posti coperti da precari, negli ultimi sei anni è addirittura quadruplicato, passando progressivamente da 18.300 nell’a.s. 1998/99 a ben 74.037 nell’ultimo anno scolastico. Suona, quindi, come una beffa l’ultimo contingente di 5.000 assunzioni che copre appena il 6,75% dei posti attualmente disponibili. Altro che fine del precariato!
Gli studenti
Nella scuola secondaria di II grado il 34,24% degli studenti del primo anno frequenta gli istituti tecnici; il 23,38% gli istituti professionali, il 20,95% il liceo scientifico, il 10% il liceo classico, il 7,39% il (nuovo) istituto magistrale, il 4,03% gli istituti d’arte e i licei artistici.
Se si confronta l’attuale situazione con quella di dieci anni fa, si può rilevare che la variazione, in termini negativi, riguarda soprattutto gli istituti tecnici (40,24% studenti del primo anno di corso nel 1995/96) che, nel periodo considerato, hanno registrato un decremento del 6%.
Gli istituti professionali erano attestati al 21,87% di studenti del primo anno nel 1995/1996 e fanno registrare ora, nel confronto, un vantaggio di circa 1,5 punto percentuale, dovuto all’elevato numero di nuovi iscritti in occasione dell’innalzamento dell’obbligo scolastico del 1999 (la diffusa scelta dei professionali dei nuovi obbligati si è ridimensionata negli anni successivi, ma ha mantenuto ugualmente interessanti livelli).
I licei (classici, scientifici e magistrali) hanno attualmente al primo anno di corso il 38,35% degli studenti; dieci anni fa ne avevano il 33,95%: l’incremento complessivo è stato quindi di circa 4,5 punti, segnando, anche in rapporto all’attuale situazione degli istituti tecnici, un deciso spostamento nelle scelte scolastiche dei giovani italiani.
Indirizzi delle superiori … in attesa della cura dimagrante
In Italia oggi è possibile conseguire 208 diverse tipologie di diploma che corrispondono ad altrettanti differenti indirizzi (fra corsi ordinari e progetti assistiti).
Con la riforma del 2° ciclo gli indirizzi dei licei saranno ridotti a 17, anche se alcuni di questi saranno articolati in “approfondimenti di indirizzo”. A questi si aggiunge tutta l’area dei professionali che dovrebbe passare alle Regioni.
Nulla si sa su come la riforma Moratti risolverà tale complessa transizione. Resisterà la nostra scuola superiore a questa drastica cura dimagrante? Non sarebbe il caso di dare maggior ascolto ai docenti e ai dirigenti scolastici, che vivono in prima persona queste realtà, affinché questa straordinaria varietà di esperienze si possa trasformare in ricchezza progettuale?
Fonte: Quindicinale di informazione scolastica La Tecnica della Scuola, Catania, settembre 2005