Categorie: Alunni

“Una Scuola”: prima di dire no al voto proviamo a considerarlo per quello che è

Novanta mamme di Varese hanno presentato al sindaco Davide Galimberti una petizione da portare al Ministero dell’istruzione in favore di una nuova scuola, una scuola sperimentale senza voti e senza compiti a casa, sul modello di quella finlandese.
Dunque sì al tempo pieno, ad otto ore suddivise tra studio e attività didattiche, no ai voti e alle lezioni unicamente in aula. La petizione è ispirata al progetto “Una Scuola” prevista per il settembre 2017 come sperimentazione statale ministeriale a Varese.

Il modello di questa scuola, basato appunto su più ore da investire nelle lezioni così da non portare ulteriore studio a casa, mira principalmente a liberare gli studenti dalle incombenze dei compiti per avere più tempo da dedicare ai propri hobby e quindi alla cura delle proprie passioni. Ma la questione che più fa discutere è certamente quella legata ai voti. Siamo tutti stati abituati infatti ad essere giudicati attraverso una scala che poteva essere quella numerica, quella che va dall’insufficiente all’ottimo o ancora quella delle lettere dalla A alla F. Perché oggi si vuole eliminare questa usanza? Secondo i genitori il voto rappresenta un ostacolo: la consapevolezza di essere in qualche modo misurati e giudicati inibisce la creatività dei ragazzi.

In realtà forse sarebbe più opportuno rivedere il criterio del voto e soprattutto spiegarlo per ciò che effettivamente è. Esso infatti non deve servire per etichettare e catalogare gli alunni. Il voto non esprime un giudizio sulla persona, tantomeno vuole tracciare una sorta di graduatoria degli studenti in quanto tali. La sua funzione deve essere quella di incentivo a studiare, ma soprattutto a migliorarsi laddove possibile: per questo sarebbe sempre preferibile per i professori accompagnare il voto con spiegazioni scritte che suggeriscano all’alunno quali sono i punti di forza e quelli di debolezza.

Gli studenti vivono il numero o il giudizio come una sorta di identificazione, dunque pensano che esprima loro stessi, ecco perché lasciano dipendere la propria autostima scolastica dalla media, come se essa fosse associata alla loro intelligenza o creatività. Nulla di più sbagliato. Bisogna dunque sfatare in primis questa errata credenza sforzandosi di far capire, tanto agli alunni quanto ai genitori, che il voto non è altro che una valutazione indicativa volta al miglioramento e alla crescita dello studente. Forse in questo caso, una volta presa piena consapevolezza di ciò, la questione di abolire o meno il voto risulterebbe del tutto ininfluente nella vita scolastica dei ragazzi.

Giulia Mirimich

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