Il diritto allo studio, per via dell’attuale crisi economica che polverizza, attraverso l’iperinflazione ed il general stress finanziario nazionale, il potere d’acquisto del ceto medio, è soggetto ad un grave e proporzionale ridimensionamento nel Regno Unito nelle ultime settimane. Ciò è relazionato alla capacità delle famiglie di farsi carico delle attività laboratoriali ed extracurriculari più redditizie per gli istituti, i quali tagliano gli investimenti circa l’inclusività di studenti con disabilità e famiglie disagiate, nonostante le promesse di finanziamenti diretti dal Ministero dell’Istruzione Britannico attraverso un fondo sociale dedicato; numerose scuole, anche nelle maggiori città, non dispongono delle quote necessarie per il pagamento di esperti e soggetti di supporto esterni, pertanto sono costrette a ridimensionare la loro capacità integrativa al minimo, come già sottolineato da dedicati articoli pubblicati su La Tecnica della Scuola. Ora, oltre che economica, la questione diviene geografica: il rischio di escludere docenti svantaggiati ed in aree remote del Regno rischia di far impennare la dispersione scolastica ai livelli di oltre 30 anni fa.
Secondo una nuova ricerca pubblicata dall’ateneo sopracitato, gli studenti svantaggiati soffrono di “esclusione geografica” non solo dalle migliori scuole statali inglesi per rating, ma anche da quelle comuni, perché non hanno risorse per abitare nelle vicinanze. Il taglio dei servizi di trasporto privati associati alle scuole ha di fatto peggiorato la situazione (il 64 % degli istituti ha apportato modifiche ai servizi rendendoli più costosi). La ricerca ha rilevato che pochissime scuole secondarie statali danno la priorità agli alunni che hanno diritto a pasti scolastici gratuiti, nonostante le regole di ammissione del governo siano state ridisegnate più di otto anni fa obbligando gli istituti a provvedervi. Poiché le scuole che ottengono i migliori risultati per gli alunni hanno maggiori probabilità di essere alle prese con un overbooking, hanno il potere di escogitare sistemi di ammissione per scegliere chi e come può prendere parte alle loro attività formative. Ellen Greaves, uno degli autori dello studio, ha dichiarato: “Scegliere gli alunni in base a dove vivono può significare che gli studenti delle famiglie più povere vengono assegnati alle scuole con minor rating. Le scuole con i migliori risultati riescono a selezionare indirettamente gli alunni delle famiglie benestanti nelle vicinanze, bloccando di fatto i meno fortunati e ostacolando la mobilità sociale”.
Mercoledì prossimo più di 800.000 famiglie in tutta l’Inghilterra scopriranno se il loro figlio o figlia ha ricevuto un posto scolastico nella loro scuola di prima preferenza, poiché le autorità locali li informeranno dei risultati delle domande avanzate di quest’anno per l’ingresso nel settimo anno. Per le grammars school, le più ambite, la ricerca ha rilevato che solo 42 delle oltre 3.000 scuole e accademie comprensive con rating medio-alto in Inghilterra hanno provveduto ad una modifica dei loro codici di ammissione proporzionali agli status socio-economici delle famiglie di provenienza, proporzionalmente al ranking dell’istituto e della distanza dello studente, a livello di residenza, da uno dei plessi. Invece, oltre l’80% delle scuole secondarie utilizza i bacini di utenza locali o la mera vicinanza fisica alle sedi dell’istituto come l’indicatore principale per decidere chi ottiene un posto in caso di overbooking. Le revisioni del codice di ammissione alle scuole statali nel 2014 hanno consentito algli istituti di collocare la posizione geografica della famiglia in cima alla loro lista di criteri di “pareggio“, dando loro la precedenza su altri criteri come lo status socio-economico. Ma negli ultimi anni molte scuole si sono convertite in accademie, dando loro per scontato alcuni indicatori e procedendo ad un’ammissione spesso non in linea con le promesse fatte e le linne guida indicate dalle autorità locali per il diritto allo studio. Il risultato di tale inosservanza è stato “una serie di processi confusi, diversificati e molto complicati che, in alcuni casi, non solo sono difficili da comprendere per i genitori, ma servono anche a perpetuare le disuguaglianze e le divisioni sociali”, secondo gli accademici di Bristol, redattori dello studio.
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