Una scuola azienda dove i dirigenti scolastici sono manager, i docenti sono operai e gli alunni sono utenti.
È la fotografia emblematica, realistica e lampante di quella che, purtroppo, è diventata la scuola oggi, ossia un’istituzione dove il sapere è ormai un optional, i progetti sono la manna caduta dal cielo che danno pane e fruttano parecchi soldi, dove gli alunni si “divertono” con la didattica del non senso o meglio della pseudo-didattica inficiata di metodologie pedagogiche spesso vuote, inconcludenti e fine a se stessa; e i docenti che devono correre dietro tutte le “fantasiose” e “mirabolanti” elucubrazioni della didattica moderna, anche senza capirci un’acca, ma che i Dirigenti impongono di adottare perché rappresentano il “verbo” del Miur, quasi la reincarnazione di un qualcosa che desta stupore, meraviglia, infatuazione.
La scuola, quindi, che non deve più formare le giovani generazioni, che si devono abbeverare di tutte quelle teorie didattiche che sono lontane dalla realtà perché non apportano alcun risultato positivo in termini di innalzamento dell’asticella di migliori conoscenze e competenze da parte degli alunni, ma soltanto ad un livellamento verso il basso, o meglio di una pervasiva omologazione culturale, dove anche le menti brillanti devono livellarsi.
E poi si parla di progetti per la valorizzazione delle eccellenze. Ma dove sono queste eccellenze in Italiano, Matematica, Lingua Straniera che andiamo a certificare se i risultati delle prove Invalsi sono la fotografia impietosa di una scuola che ha messo al bando il sapere disciplinare?
Di fatto sta soltanto che la Legge della “Buona Scuola” ha trasformato la scuola in un progettificio, dove i Dirigenti scolastici hanno acquisito uno straordinario potere, tanto che le istituzioni scolastiche hanno cambiato pelle e connotati divenendo non più luoghi dove si insegnano le discipline sulla base di un sapere trasmissivo, ma sulla stesura di un progetto qualunque, basta che sia un progetto remunerato che possa portare benefici utili all’alunno in termini di apprendimento e ancor più ai Dirigenti in termini strettamente economici, soprattutto ai Dirigenti che guidano la scuola aziendalistica e capitalistica.
La legge 107/2015 ha fatto diventare, infatti, le scuole non più ambienti educativi adatti all’apprendimento e alla socializzazione degli alunni. Ma tutt’altro: solo ambienti in cui l’alunno che dovrebbe essere il destinatario principale ne è diventato l’ultima “ruota del carro”. Tutto questo perché le scuole si sono votate al “Dio denaro” diventando delle vere e proprie fabbriche di progetti, spesso inutili, poco attinenti agli standard che la scuola si prefigge che vengono prodotti in quantità industriale, fatti tutt’altro che per soddisfare le esigenze culturali e formative degli alunni, ma soltanto per fini utilitaristici, cioè che devono accrescere il prestigio dei Dirigenti in modo tale da spingere il Miur ad elargire quanti più soldi è possibile riconoscere quella scuola come all’avanguardia.
La scuola all’avanguardia non la fanno i soldi, ma la fanno gli insegnanti qualificati che giornalmente lavorano sodo nelle aule e non quelli che fabbricano progetti a iosa per poi ricevere gli emolumenti. Se continuiamo così quale messaggio diamo alle nuove generazioni? Diamo solo il messaggio squallido che tutto è finalizzato ai soldi Dunque quali sono stati gli effetti della legge 107 del 2015? La legge di stampo renziano ha istituzionalizzato l’affarismo redendo la vita più difficile agli insegnanti onesti e coscienziosi, intenzionati a svolgere il proprio dovere in aula, ha monopolizzato le scuole trasformando i Dirigenti scolastici non più in figure di raccordo tra personale docente, personale ATA, genitori e alunni, che un tempo si occupavano anche dell’aspetto didattico, ma in tanti “satrapi” che si sono costruiti un feudo dove loro sono i degni rappresentanti.
Mario Bocola