Secondo un principio di non discriminazione tra lavoratori, la direttiva europea 1999/70 CE dispone la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di un ripetersi continuativo di contratti di lavoro a tempo determinato.
L’Italia ha recepito tale direttiva europea, approvando nel settembre 2001 il decreto legislativo n. 368. In questo decreto legge, si sottolinea che un contratto a tempo determinato può essere prorogato non più di una volta e che la durata totale massima di uno o più contratti a tempo determinato, stipulato secondo la stessa tipologia, non può superare i tre anni. In buona sostanza un docente precario inserito nelle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla direttiva europea, recepita dalla normativa italiana, dopo il terzo contratto annuale a tempo determinato, dovrebbe essere regolarizzato con un contratto a tempo indeterminato.
Infatti l’articolo 5, punto 4bis, del su citato d.lgs. 368, dispone che, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi, qualora per effetto di una successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato, indipendentemente dai periodi d’interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro. Nella scuola l’abuso di reiterazione dei contratti a tempo determinato viola palesemente gli accordi comunitari e disattende completamente la direttiva europea su citata e per questo motivo che i sindacati, unitariamente, dovrebbero riaprire la partita contrattuale partendo proprio dal rispetto delle norme comunitarie. La questione non è soltanto un danno di tipo economico ma anche di carattere giuridico.
E’ importante sottolineare che la direttiva europea 1999/70 è un diritto per i precari di oggi, ma lo è anche per i precari di ieri. Infatti tutti coloro che hanno subito, per la mancanza di concorsi a cattedra per un decennio, un lungo periodo di precariato ed oggi sono passati di ruolo, si trovano nelle graduatorie interne d’Istituto e nella mobilità, discriminati nel punteggio, per il dimezzamento dell’anzianità di servizio. Il discrimine infatti sta nel fatto che, contrariamente a quanto scritto nella clausola 4 della direttiva europea 1999/70, ogni hanno di servizio prestato con contratto a tempo determinato vale, come scritto nel CCNI mobilità del marzo 2013, la metà del punteggio rispetto al servizio prestato dal docente contrattualizzato a tempo indeterminato. Questa discriminazione non è cosa di poco conto. Infatti facendo i calcoli, si può notare che un docente, precario dal 1999 al 2006, ha riconosciuti nella graduatoria interna d’Istituto o per la mobilità, un punteggio di anzianità, per quel lasso di tempo di un settennio, di 21 punti piuttosto che 42.
Bisognerebbe accogliere i suggerimenti di questa direttiva europea, che vorrebbe parità tra il servizio svolto con contratto a tempo determinato rispetto a quello svolto con contratto a tempo indeterminato e si dovrebbe modificare sostanzialmente le tabelle di valutazione dell’anzianità di servizio, cercando di sanare il discrimine che esiste appunto tra il servizio svolto in regime di contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato, prestato comunque nello stesso ordine di scuola.
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