Attualità

Undici spunti di riflessione estiva per gli insegnanti

Riceviamo e pubblichiamo la lettera che ci ha inviato il nostro lettore, Lorenzo Picunio, in cui traccia una riflessione estiva per gli insegnanti in undici punti.
Di seguito la riflessione:

 

1. L’insegnamento di massa è nato, in origine, come catechismo delle religioni. Per forza di cose un insegnamento trasmissivo, dove chi sa comunica a chi ancora non sa: questo è insegnare le tabelline o la coniugazione dei verbi (anche se in realtà ci sono strategie per rendere più vivi anche questi apprendimenti). È un insegnamento importante, quello che trasmette le conoscenze, richiede conoscenza della materia e competenze pedagogiche.

2. Per il resto, in particolare per la lettura e la scrittura e le “materie di studio” la cultura europea del 1900 ha inventato – con Freinet in Francia e Mario Lodi in Italia – la metodologia della ricerca. Non si insegna il “cosa” ma il “come”, cioè le strategie per imparare autonomamente: saper costruire una carta geografica, realizzare la mappa concettuale del quadro di civiltà di un popolo antico (o moderno), arrivare a leggi scientifiche mediante esperimenti. E’ un metodo che richiede impegno, capacità di comprendere i diversi stili di apprendimento, capacità di far funzionare le relazioni all’interno di un gruppo, disponibilità dell’insegnante ad apprendere dai discenti. Porta anche conoscenze, certo, ma fornisce soprattutto un metodo di indagine che rimane per tutta la carriera scolastica e poi per tutta la vita.

3. Costruire gruppi di lavoro, usare le compresenze, se ci sono, dare compiti diversi senza assegnare ruoli immutabili, costruire meccanismi di tutoraggio fra alunni, cercare strade per lo stesso progetto in attività diverse, dalla musica, alla pittura, all’informatica, sia per mantenere vivo l’interesse, sia per riunire lavoro intellettuale e lavoro manuale, sia per non lasciare inutilizzata nessuna possibilità, sia ancora – e più importante di tutto il – per valorizzare i talenti di ognuno.

4. Chiedere ai ragazzi di essere consapevoli del “dove vogliamo arrivare”, darsi un obiettivo realistico (un cartellone, una mostra, una rappresentazione teatrale, un libretto …), fare sì che la ricerca non sia esercizio (che pure serve, e va fatto), ma costruzione di un prodotto rispetto alla quale poi si possa dare una valutazione.

5. Riflettere sull’esperienza, punti di forza e punti di debolezza, errori fatti, come ha lavorato ciascuno, grado di empatia fra le persone. Far vivere l’autovalutazione, discutere su di essa, aprire alla riflessione nel gruppo classe per creare fiducia, collaborazione, aiuto reciproco.

6. Non su tutto serve fare ricerca: darsi obiettivi realistici, questo come ricerca e questo va fatto in modo trasmissivo, perché non c’è tempo per fare diversamente. Su tutto comunque, sia nella ricerca che nell’altro modo, cinta molto la preparazione approfondita e sicura del docente. E su tutto l’abitudine da creare alla lettura e alla comprensione profonda dei testi, allenata da apposite schede, quella che oggi spesso manca anche agli adulti.

7. Il tema dei diritti attraversa i curricoli della storia, sia antica che moderna, e della geografia e si infila fortemente nel lavoro di italiano, con la letteratura di ogni epoca. È un tema che va sviluppato a livello didattico e porta direttamente alla Resistenza e alla Costituzione Repubblicana. È un tema importante di questi tempi, anche perché come scuola si devono vincere resistenze recenti (ma che in passato sono state anche nella cultura italiana, e ancora non sono sparite del tutto) ad esempio, sul tema dei diritti delle donne.

8. Lo stesso tema, dei diritti e della solidarietà, attraversa anche la vita quotidiana di ogni classe. Anche qui è compito dell’insegnante far vivere sia quanto viene dai dettati delle leggi, sia dalla perenne legge umana dell’altruismo. L’insegnante deve cogliere i focolai, intervenire con determinazione ma anche con affetto, considerando che il bullo e in realtà un debole.

9. Dai genitori, dai nonni, dal quartiere può venire molto per legare lavoro di scuola e vita sociale degli alunni. Lottare è un modo di crescere. Rivendicare, come classe e come scuola, che il Comune (di qualunque colore politico) sistemi il cortile, è il fondamento della democrazia. Scrivere, fare lettere, organizzare proteste. E lo stesso vale per le iniziative di solidarietà con l’associazionismo che sostiene i popoli dei paesi poveri.

10. La collegialità degli insegnanti è un valore che va assunto anche dagli alunni. L’insegnante è insegnante, prima che insegnante di italiano, inglese o storia, con pari dignità nel consiglio di classe, interclasse, intersezione. Il gruppo fa più della somma dei singoli. E appena l’alinno è in grado di capire gli va insegnato che la scuola è fondata su regole e scelte condivise (Pof, programmazioni ..) che nascono dal lavoro dei docenti e del personale Ata, oltre che dalla collaborazione dei genitori e degli alunni stessi. La grande palestra di questo è il tema della sicurezza, che si coniuga in modo perfetto per classi di età, dal “Non correre nei corridoi” fino al defibrillatore.

11. L’intervento di recupero sulle difficoltà è la chiave di volta dell’azione educativa, la concreta applicazione degli articoli 3 (“La Repubblica rimuove gli ostacoli …”) e 34 della Costituzione. Fare recupero è un dovere, laddove se ne presenta la necessità, programmando in modo strutturato a livello di classe o di plesso, attuando tutte le forme possibili (gruppi eterogenei, gruppi di livello, individuale, con risorse esterne, con ore aggiuntive, ecc.) e monitorando l’efficacia dei risultati. Va definito con la famiglia un patto ferreo, intorno al Piano Didattico Personalizzato. E, pure con un certo tatto, il percorso va condiviso con l’alunno e possibilmente con la classe, sviluppando anche sistemi di aiuto reciproco.

 

Redazione

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