Lo scenario che si apre dopo la firma dell’intesa fra Governo e sindacati lascia ormai presumere che, il 17 maggio prossimo, a scioperare saranno Cobas, Unicobas, Anief e CUB. I sindacati firmatari dell’intesa, per ora, hanno sospeso la protesta ma dalle prime avvisaglie pare di capire che la revoca è ormai nell’aria.
Della nuova situazione parliamo con Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas.
Allora, il 17 maggio scenderanno in piazza solo i sindacati di base, anzi nemmeno tutti, visto che l’Usb mantiene la data del 10 per uno stop dell’intero pubblico impiego
L’Usb aveva criticato lo sciopero del 17 perchè considera non credibile un’azione unitaria con i sindacati del comparto che da anni firmano contratti a perdere per docenti e Ata.
Ma adesso quei sindacati non ci sono più, perchè quasi certamente revocheranno la protesta. A questo punto, l’USB non dovrebbe più avere difficoltà a scioperare con noi il 17.
Potreste però essere voi ad anticipare al 10 in modo da convergere su un unico sciopero dell’intero pubblico impiego
No, non è possibile per un semplice motivo: le regole attuali non consentono di anticipare un’azione di sciopero già proclamata, mentre permettono di posticipare un’azione ai giorni successivi. Quindi, l’USB, se lo vuole, può benissimo spostare il suo sciopero al giorno 17. Ed è esattamente ciò che voglio proporre ufficialmente alla loro segreteria nazionale: scioperiamo tutti insieme, noi sindacati di base, per tentare di mettere alle strette un Governo che, con l’assenso più o meno tacito, dei sindacati del comparto non si fa scrupolo di sottrarre ancora risorse alla scuola e di avviare il percorso della regionalizzazione con cui verrebbe portata a compimento la distruzione del sistema scolastico nazionale.
L’intesa prevede un impegno importante sul rinnovo del contratto. Il presidente Conte, anzi, ha promesso risorse specifiche per la scuola. I sindacati confederali del pubblico impiego sono già insorti e dicono che gli altri dipendenti statali non sono di serie B. Cosa ne pensate?
Parole, sono solo parole: il nodo di tutta la questione è un altro. Come ben sanno sia i Ministri del Governo sia i sindacati che hanno firmato l’intesa, nel quadro normativo attuale, né la scuola né il restante pubblico impiego possono pensare di ottenere aumenti significativi. Il decreto legislativo 29/93 stabilisce inequivocabilmente che i contratti pubblici non possono andare al di là del tasso di inflazione programmata, quindi per parlare di risorse specifiche per la scuola bisogna fare una cosa sola: far uscire i dipendenti della scuola dal pubblico impiego trattandoli esattamente come i magistrati e come i docenti universitari che fanno parte del personale statale non contrattualizzato e quindi non sottoposto ai vincoli del decreto 29.
Solo questa potrebbe consentire davvero il riconoscimento di aumenti che consentano ai docenti di avvicinarsi agli stipendi dei loro colleghi europei.
Tutto il resto sono solo chiacchiere.