Con una lettera aperta rivolta a tutto il personale della scuola l’Unicobas vuole far ripartire nelle scuole la protesta contro la Buona Scuola e la legge 107.
E’ indubbio che dopo gli scioperi che si erano susseguiti fra la fine di aprile e la metà di giugno c’era da aspettarsi che l’anno scolastico si sarebbe riaperto con un clima poco tranquillo.
Addirittura quacuno a luglio aveva preannunciato che le scuole sarebbero diventate dei “Vietnam”.
In realtà, almeno per ora, le cose sono andate diversamente e proprio per questo Unicobas si sta rivolgendo al personale della scuola per capire in che modo riprendere l’iniziativa.
“Per parte nostra – sostiene il segretario nazionale Stefano d’Errico – pensiamo sia molto importante che istituto per istituto la categoria si difenda con ogni mezzo legale per evitare che la legge 107, dopo essere stata approvata con tutte le messe in scena del caso dalla casta
politica, passi nella scuola senza ostacoli, a partire dal famigerato comitato di valutazione, che non dobbiamo eleggere”.
Secondo Unicobas eleggere i docenti del comitato sarebbe un grave errore: “Una volta eletti – sostiene infatti d’Errico – risulterebbe difficile, forse addirittura impossibile, vincolare i componenti del comitato a scelte o a decisioni del collegio. La battaglia deve essere fatta a monte, rifiutandosi di costituire il comitato stesso”.
Ma come sostenere e rendere visibile la protesta?
Secondo Unicobas “serve subito la ripresa della lotta, a carattere nazionale e in tempi ravvicinati, con la proclamazione di un nuovo grande sciopero contro la “buona scuola” il più unitario possibile”.
“Ma – chiarisce d’Errico – non diamo data di sciopero alcuna, come invece hanno fatto altri [il riferimento è ai Cobas che hanno proposto la data del 13 novembre, ndr], perché non vogliamo mettere a rischio l’unità della categoria”.
“Non poniamo vincoli sulla data – conclude il segretario nazionale – ma su un punto dobbiamo essere chiari: vogliamo uno sciopero in cui il tema della scuola sia al primo posto, non possiamo accettare che i problemi della scuola vengano ‘annegati’ fra i problemi generali della legge di stabilità e del pubblico impiego”.
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