Lo ribadiamo a viva voce e chiediamo la sensibilità del Ministro dell’Università e della Ricerca.
Tra le questioni che nel mondo accademico non funzionano vi è l’introduzione della formula 3+2, ossia laurea triennale più specialistica. A cosa serve la laurea triennale? A nulla. Perché sia nei concorsi pubblici che per l’assunzione nelle aziende pubbliche e private si richiede la laurea magistrale. E questo sistema ha “ingessato” il mercato del lavoro e molti giovani hanno difficoltà ad entrarvi. Quindi ripetiamo. Cosa ha distrutto l’Università? Cosa ha frenato l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro?
In questi anni non si è parlato affatto di Università, perché anche l’universo accademico ha bisogno di un vero e proprio restyling a cominciare dalla abolizione del famigerato 3+2 di fattura berlingueriana per poi proseguire con l’abolizione dei sistema dei crediti che fanno lambiccare il cervello a docenti universitari e segreterie didattiche. L’allora Ministro della Pubblica Istruzione pieddino pensò che con la creazione della formula del 3+2 (triennale con specialistica) si poteva trovare una soluzione al problema del mondo del lavoro. Invece così non è stato, in quanto le aziende ricercavano personale specializzato e, quindi, la laurea triennale non serviva affatto. Tutti gli studenti per cercare lavoro dovevano conseguire la laurea specialistica, con l’aggravio di sostenere ben due sedute di laurea.
Ma perché bisogna sostenere due esami di laurea? Quella a ciclo unico di quattro, cinque o sei anni (per Medicina e Chirurgia) non era più valido?
Questo, in tempi di grave crisi economica, significa una maggiore spesa a carico delle famiglie che sono costrette a pagare le tasse universitarie, un dispendio di energie da parte degli studenti che sono costretti a scrivere due tesi di laurea che, ovviamente, hanno un loro costo.
Cui prodest? Dalla nascita della formula 3+2 la situazione occupazionale per alcuni corsi di laurea si è aggravata e non ha portato alcun vantaggio. Sul sistema dei crediti (180 per le lauree triennali e 120 per le lauree magistrali) si è creata una grande confusione, come pure per la differenza tra media aritmetica degli esami e media ponderata degli esami (quest’ultima tiene conto del peso dei crediti negli esami). Questo ingenera un calcolo che penalizza molto il voto finale di laurea che molti Atenei calcolano fino a un massimo di quattro punti. Occorre, quindi, mettere seriamente mano all’intero sistema universitario, ad una ristrutturazione dei corsi di studio, ad una rimodulazione del sistema di calcolo della media degli esami di profitto, alla eliminazione dei crediti con il ritorno al metodo pre-riforma (molto semplice e lineare) e soprattutto tornare al vecchio ciclo unico di studi universitari che ha dato sempre nel passato buoni frutti.
Mario Bocola
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