Università, alla Lega Nord non va giù il nuovo numero chiuso

Da due mesi Mario Pittoni non siede più sui banchi del Parlamento, però il suo attivismo nel campo scolastico rimane immutato. Nelle ultime ore l’ex senatore e capogruppo uscente della Lega Nord in commissione Istruzione a Palazzo Madama, oggi unico rappresentante leghista nel Comune di Udine, ha voluto dire la sua sulla decisione del ministro Profumo, l’ultima prima che lasciasse il testimone a Maria Chiara Carrozza, di dare un certo peso al voto acquisito alla maturità dai candidati ai corsi a numero chiuso (Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura).
Secondo Pittoni non vi sono dubbi: questa novità penalizzerà, in particolare, “gli studenti del Nord, che in campo medico già possono contare su un numero di posti in grado di coprire a malapena metà delle richieste”.
Il rappresentante del Carroccio è rammaricato, perché nel corso della sua permanenza nei palazzi parlamentari era riuscito a bloccare il ‘bonus maturità’, ideato nel 2007 dagli ex ministri Fioroni e Mussi (ex governo Prodi): aveva convinto i colleghi che era “troppa la disomogeneità di valutazione che caratterizza il territorio nazionale”. La fase di interregno, con Profumo evidentemente andato un po’ oltre le competenze di un ministro che si deve limitare all’ordinaria amministrazione, è stata fatale.
“Ora chi ha un buon voto al diploma – sostiene Pittoni con rammarico – incasserà da 4 a 10 punti”. Entro il 31 maggio sarà fornita la tabella per convertire la valutazione di maturità in punti: uno schema articolato che – secondo il ministero – terrà conto delle differenze di valutazione tra le scuole. “Ma non potrà tenere conto del livello qualitativo medio degli studenti dei singoli istituti – continua il leghista – penalizzando di fatto chi frequenta strutture che garantiscono standard elevati”.
In tal modo, sembra aggiungersi “un nuovo problema a quello dei test, che a Medicina (con un solo posto disponibile ogni dieci domande) già oggi garantiscono l’accesso più per fortuna che per capacità. I test d’ingresso infatti, se ben formulati (merce piuttosto rara di questi tempi), possono essere (relativamente) utili per verificare il livello di preparazione alla fine di un ciclo di studi. Ben diverso quando pretendono di mettere a fuoco quanto sei portato a intraprendere un nuovo percorso, soprattutto in un settore particolare come quello medico”.
Pittoni avrebbe di gran lunga preferito l’approvazione di “un sistema che lasci una possibilità a tutti, scremandoli dopo un certo periodo (un anno?) in base a un adeguato numero di esami da superare. E’ urgente inoltre dare attuazione all’art. 25 comma 6 della riforma universitaria (una nostra richiesta esaudita), che prevede la ‘rideterminazione del numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e la loro distribuzione su base regionale al fine di riequilibrare l’offerta formativa in relazione al fabbisogno di personale medico del bacino territoriale di riferimento’. Se infatti a livello nazionale il problema per ora è solo di numeri ‘un po’ scarsi’, al Nord è già emergenza, con le università che – ripete l’esponente della Lega – sfornano a malapena la metà dei medici che servono”.
Pittoni non ha dubbi: questa mossa, a sorpresa, del Miur favorirà ulteriormente il processo che già porterebbe oggi “in alcune regioni del Settentrione buona parte dei medici da fuori. I nostri atenei – conclude Pittoni – vanno messi in condizione (sotto il profilo del personale, dei fondi e delle strutture) di accogliere un numero decisamente maggiore di studenti, selezionati correttamente”.
Resta da capire, ora, cosa ne pensa il nuovo Ministro: darà ragione a Pittoni o al suo predecessore a viale Trastevere?
Alessandro Giuliani

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