E invece se l’investimento da 400 milioni di euro riservato al comparto scuola, con il decreto della ministra Carrozza, era stato criticato perché irrilevante o quasi – , a fronte di 7,8 miliardi di euro tagliati nella scorsa legislatura, come aveva denunciato anche il MoVimento 5 Stelle – anche il mondo universitario continua a soffrire per la scarsità degli investimenti.
Tra di essi c’è da aggiungere le borse di studio. Dice infatti l’Unione degli Universitari che il diritto allo studio diventato ormai una sorta di utopia: “E’ assurdo e vergognoso che la tassa regionale a carico degli studenti rappresenti il principale introito dei fondi per il diritto allo studio: in base alle nostre proiezioni per il 2014, infatti, almeno 220 milioni di euro su un totale di 420 milioni provengono dalla tassa regionale, a fronte dei 112.800 milioni provenienti dal fondo statale per il diritto allo studio. Non inverte la marcia, lascia briciole a scuola e università, ancora una volta. Siamo stufi”.
Da non escludere neanche il rischio che sugli studenti debbano pagare la Trise, in parte distribuita anche sugli inquilini: “Ad esserne maggiormente colpiti saranno infatti proprio coloro che una casa di proprietà non se la possono permettere e che vivono in affitto: i lavoratori a basso reddito, i precari, gli studenti”, ha detto l’unione degli studenti.
Quindi, scarsi investimenti, borse latitanti, rischio di ulteriori balzelli, aumento dei costi dei biglietti generalizzati, lo stato precario e il depotenziamento del trasporto pubblico e ora possibili nuovi aumenti per le tasse universitarie soprattutto negli atenei del Meridione.
Già nel corso dell’ultimo decennio, dice Il Sole 24 Ore, gli aumenti hanno toccato cifre record: +63%, rispetto a quanto si pagava dieci anni fa. Un “eccesso di tasse” non del tutto accettabile
In base ai dati del 2012, nella classifica sulla contribuzione media richiesta dagli atenei ai propri iscritti ci sono in testa il Politecnico di Milano, Venezia Iuav, l’università di Urbino, Varese Insubria e la stessa Pavia.
Secondo il Sole 24 Ore, i rischi di aumenti riguardano soprattutto gli studenti fuoricorso e gli atenei del Sud. E si spiega come potrebbe essere una scelta quasi inevitabile, “considerato come resti l’unica variante flessibile di un sistema ingessato”.
Le università meridionali sono quelle dove i rettori, tentando di frenare la fuga degli studenti verso gli atenei del Nord, hanno cercato di evitare tassazioni troppo elevate. Ma non solo: dati i conti in disordine e come la possibilità di nuove assunzioni sia legata propria alla loro “salute”, l’unica possibilità per i vertici universitari, per evitare di bloccare gli organici potrebbe essere la richiesta di nuovi sacrifici agli studenti e alle loro famiglie. Tutto mentre il fondo di finanziamento ordinario continua a “piangere”.
Anche Federconsumatori, aveva già poco tempo fa denunciato la crescita delle tasse universitarie anche nel 2013: dai dati raccolti dall’associazione di categoria, si spiegava come rispetto al 2012 le tasse universitarie in Italia fossero cresciute del 3%. Le università del Nord si sono poi confermate quelle più care rispetto a quelle del Centro-Sud.
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