In tempi di crisi economica generalizzata, una delle pratiche più consuete adottate dei governi e dalle istituzioni è quella di aumentare le tasse. Il problema è che spesso si esagera. E a rimetterci sono le persone in carne e ossa. Addirittura i disabili e i loro familiari.
Come nel caso degli studenti dell’Università Federico II di Napoli. Che dal prossimo anno accademico per essere esentati dalle tasse dovranno obbligatoriamente avere un genitore con disabilità certificata al 100%. La “stretta” non è da poco, perché oggi, applicando la legge 118/71 che regola le esenzioni di pagamento per le tasse universitarie su livello nazionale, per accedere all’esenzione basta il 66%.
La denuncia del cambiamento è arrivata qualche giorno fa dall’Unione degli universitari: per il sindacato degli studenti accademici la novità introdotta dal senato accademico partenopeo è in tutto e per tutto una violazione di un diritto attraverso “un’interpretazione arbitraria della legge”
Sostenere, in pratica, che la disabilità deve essere certificata pari al 100% significa tagliare fuori dall’accesso universitario tantissimi giovani appartenenti a famiglie spesso in seria difficoltà. Che, oltre alla battaglia contro le malattie e l’invalidità, debbono fare i conti pure con quelle (conseguenti) di carattere economico.
Secondo Giuseppe Sbrescia, coordinatore dell’Udu di Napoli, “in un contesto sociale come quello italiano, in cui la crisi economica investe ormai tutti i settori, violare la legge e pretendere il pagamento di rette già di per sé alte da soggetti che per legge non dovrebbero pagarle, costituisce una forma di sopruso che non può essere tollerata”.
Gli studenti dicono anche che non si fermeranno alla denuncia pubblica. E chiedono sin da subito al rettore della Federico II, il prof. Massimo Marrelli. “delucidazioni in merito” ed “un incontro tra le parti che chiarisca la posizione dell’ateneo sulla questione”.
Una questione diventata, peraltro, di carattere nazionale. Per Michele Orezzi, coordinatore nazionale Udi, siamo di fronte ad “un fatto davvero grave, che rischia di rivelarsi un precedente per altri atenei”. Per evitare che ciò accada, il sindacato studentesco sta valutando la possibilità di ricorrere al Tar. Ma non solo: “monitoreremo la situazione nelle altre università e saremo pronti ad intervenire e far sentire il nostro dissenso su questa violazione della legge priva di una ratio che la giustifichi”, conclude Orezzi.