La riforma universitaria approderà nell’aula del Senato lunedì 20 dicembre, con voto finale previsto due giorni dopo. Come previsto, a poco sono serviti i violenti scontri del 14 nel centro di Roma, al termine del quale si sono contati un centinaio di feriti tra manifestanti e forze dell’ordine, oltre che alcuni milioni di euro di danni. Come a poco serviranno gli oltre 500 emendamenti presentati dall’opposizione: dopo che il ministro Gelmini ha chiesto una “pronta approvazione del provvedimento”, la commissione Istruzione di palazzo Madama ha deciso di interrompere l’esame del testo di riforma. Il provvedimento approderà quindi al Senato senza il mandato al relatore. A questo punto, anche se Pd e Idv promettono che in quella seda “proseguirà la forte critica alla riforma”, le probabilità che il testo composto da 25 articoli (modificati in 55 parti nella seconda tornata d’esame alla Camera) diventi legge dello Stato sono altissime.
“Il Pd – ha precisato il senatore democratico Antonio Rusconi – era pronto a ritirare tutti gli emendamenti a patto che si discutesse di tre o quattro proposte sulle risorse per il diritto allo studio e i ricercatori, ma per la prima volta il ministro Gelmini ha ammesso che c’è un taglio di trecento milioni rispetto allo scorso anno”.
Dal canto suo il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe Pizza ha chiarito che la riforma “è utile per il Paese e il Governo dirà no a tutti gli emendamenti” anche al fine di consentire l’approvazione del ddl prima di Natale. “Anche perché – ha aggiunto – ha bisogno dei decreti attuativi per operare le razionalizzazioni necessarie”. Quanto alla povertà di fondi assegnati a una riforma così radicale, contestata dalle opposizioni, il sottosegretario ha specificato che “le risorse ci saranno: il Governo ha fatto il possibile”.
Il calendario d’aula, approvato a maggioranza dopo che la capigruppo non aveva trovato l’accordo, prevede l’approvazione della riforma entro la mattinata di mercoledì 22 dicembre. Anche se con toni minori rispetto alle ultime date “calde”, anche il ritorno del ddl a Palazzo Madama dovrebbero riprendere tra le proteste: mentre diverse associazioni studentesche hanno preso le distanze dagli atteggiamenti violenti, i collettivi universitari del network ‘Atenei in rivolta’, ispiratori della manifestazione del 14 dicembre, hanno promesso di tornare a mobilitarsi perchè “nonostante la certa approvazione del ddl Gelmini, la posta in palio per gli studenti è molto più alta”. Gli scontri e le violenze, hanno sostenuto che sarebbero “la diretta conseguenza dell’atteggiamento del Governo che ha deciso di passare sopra ogni istanza e spinta proveniente dai movimenti e di tutte le componenti sociali in piazza il 14 dicembre, comprandosi letteralmente la possibilità di continuare a governare questo paese”.
Proteste sono in programma anche da parte di una ventina di sindacati e associazioni di docenti e ricercatori, che hanno proclamato per martedì 21 “una giornata nazionale di mobilitazione in tutti gli atenei”.