Nel 2012, solo due anni fa, sul sito web Linkiesta un articolo sulle mediane si concludeva così: “ qualunque dottore di ricerca che abbia dato prova di una certa capacità analitica arriva poco dopo il conseguimento del diploma ai requisiti minimi per accedere all’idoneità persino al posto di professore ordinario, e ben poco di più serve per avere la possibilità di entrare in commissione. La scelta che si è fatta è sostanzialmente quella di rendere innocua ogni forma di selezione preliminare (nella consapevolezza che qualunque limitazione all’accesso ai ruoli fondato esclusivamente sull’applicazione meccanica di dati quantitativi sarebbe stato apertamente contestato e in pericolo per il rischio di ricorsi fondati), così da lasciare di nuovo alle singole sedi, sostanzialmente senza ostacoli, la possibilità di gestire le carriere, con l’unico, possente limite di una carenza di risorse strutturale che, attraverso un po’ di sana retorica cui ormai siamo abituati, potrà essere spacciata per “concentrazione delle risorse sull’eccellenza” attraverso la benedizione di un’abilitazione fittizia “.
Sono passati 24 mesi e le mediane della valutazione universitaria hanno svolto la loro mansione-missione. A tal proposito è interessante leggere l’articolo che inizia dicendo: “ Il caso della ASN di storia economica sta facendo molto rumore, soprattutto dopo che un premio Nobel ed undici storici economici stranieri sono intervenuti criticandone gli esiti. Ancora una volta, secondo la migliore tradizione accademica italica (che ci è stato raccontato sarebbe stata superata dall’adozione salvifica delle mediane e degli indicatori bibliometrici), chi ha il potere vince.
Al punto che il profilo del “vincitore” della VQR ( valutazione della ricerca è il complesso di azioni, o l’esito di queste, finalizzate all’espressione di un giudizio, più o meno articolato, sulle attività o sui risultati della ricerca scientifica ) è l’opposto del profilo del “vincitore” della ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale introdotta dalla Legge 30 dicembre 2010 n. 240, ovvero norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario).
Questi risultati sono la conseguenza di procedure e istituzioni disegnate male, che determinano esiti della valutazione non sulla base di procedure corrette e fair, ma degli obiettivi di chi si trova, di volta in volta, ad esercitare il potere “.
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