Università: più abbandoni e fuori corso, calano i laureati
Laurearsi diventa sempre più un percorso ad ostacoli: contraddicendo la tendenza degli ultimi anni, il Miur, attraverso l’annuale rilevazione statistica degli iscritti e dei laureati, ha fatto sapere che nel 2008 è aumentato il numero di studenti universitari fuori corso mentre si è ridotto quello dei laureati. I numeri sull’anno accademico in corso sono davvero significativi: su oltre 1 milione e 776 mila studenti iscritti nell’anno accademico in corso ben 831 mila risultano in ritardo. In pratica quasi la metà dei frequentanti finisce gli studi sforando i termini canonici.
Ma quel che più preoccupa è che molti, sempre più, oltre il 60%, non arriveranno mai alla meta. In pratica ogni anno si iscrivono ad un corso accademico in quasi 300 mila. Di questi 180 mila lasceranno gli studi universitari (almeno 60 mila lo faranno entro la fine del primo anno). Peraltro con grosse differenze da corso a corso: il 66% di quelli iscritti a Medicina, il 42 ad Ingegneria, il 36 a biologia, il 26 a Giurisprudenza e appena il 18% a Chimica. Il Miur ha anche fatto sapere quanto tempo ci mettono quelli che raggiungono il titolo di “dottore”: Ingegneria rimane quella che necessita in media più anni, ma un alto numero di studenti fuori corso è iscritto anche a corsi umanistici quali Psicologia, Lettere-Filosofia e Scienze politiche. Gli iscritti a Medicina e Farmacia riescono invece quasi sempre a laurearsi nel tempi stabiliti.
I dati ufficiali ci dicono poi che nell’anno accademico in corso risultano in regola solo 945 mila studenti: gli altri (il 47%) sono già tutti fuori il normale arco temporale. Una percentuale che, tranne qualche scostamento, con gli anni è salita vertiginosamente. Meno di venti anni fa, nel 1980, solo il 30%, nemmeno uno studente su tre, era in ritardo con gli studi. All’inizio dell’istituzione del nuovo modello “3+2”, nel 2000, i fuori corso erano già diventati il 44%.
Ora, con il 47% di frequentanti ritardatari, cui si aggiunge il 60% abbandoni, con lo stesso ministro Gelmini che ha di recente ammesso come dall’Italia escano in percentuale meno laureati con in Cile, ci si chiede: può essere questa la strada per rispettare gli impegni di Lisbona ed elevare la cultura media delle nuove generazioni?