Anche il Governo Letta non sembrerebbe rispondere alle rivendicazioni mosse ormai da diversi anni da associazioni, sindacati e movimenti universitari: con un lungo comunicato unitario – sottoscritto da ADI, ADU, ANDU, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, COBAS-Pubblico Impiego, CoNPAss, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UDU, UGL-INTESA FP e UIL RUA – le organizzazioni universitarie annunciano una settimana nazionale, di dibattito e mobilitazione da svolgere in tutti gli atenei italiani. L’intenzione degli organizzatori è coinvolgere tutte le componenti universitarie: professori, ricercatori, personale Ata, precari, dottorandi e studenti. Emblematico, a tal proposito, lo slogan che precede il comunicato: “Tutti contro tutti o tutti insieme per salvare e rilanciare l’Università?”.
Nell’annunciare l’iniziativa , le organizzazioni universitarie ricordano che negli ultimi anni hanno denunciato le modalità con cui il Sistema universitario statale è stato “continuamente e progressivamente sottoposto a pesantissimi attacchi di diversa natura”, sino a portarlo lo “ad una vera e propria implosione”.
Riportiamo un passaggio davvero significativo delle ragioni della mobilitazione accademica. “Gli ingenti tagli alle risorse già scarse, l’accentramento esasperato dei poteri a livello nazionale e negli Atenei, la messa ad esaurimento di un’intera categoria e il precariato reso ancor più feroce e senza sbocchi dalla legge “Gelmini”, la valutazione – mal concepita e peggio realizzata da un’Agenzia che ha commissariato il Sistema universitario – usata come clava per colpire e demolire piuttosto che per aiutare a far funzionare meglio la ricerca e l’alta formazione nel nostro Paese, lo svuotamento del diritto allo studio che dovrebbe invece essere garantito anche a chi è privo di mezzi: queste ed altre scelte apparirebbero ingiustificabili e autolesioniste, se non fossero operate deliberatamente per cancellare l’idea stessa di un’Università di qualità, democratica, aperta a tutti e diffusa nel Paese. Scelte peraltro effettuate proprio da chi va sostenendo che l’alta formazione e la ricerca sono i settori che più di tutti gli altri possono consentire al Paese di risollevarsi dalla crisi sociale, culturale ed economica in cui è precipitato”.