Non solo aumenti di tasse per l’iscrizione e la frequenza, fino al raddoppio della quota base, riservate gli studenti universitari più lenti e ricchi. La spending review che sta uscendo da Palazzo Madama contiene anche, attraverso ad un emendamento presentato ed approvato proprio in extremis, una sorta di “calmiere” per le tasse universitarie pagate dagli studenti con un basso reddito familiare.
Nel maxiemendamento del governo al decreto legge – presentato in Aula al Senato per il voto di fiducia da attuare il 31 luglio – si prevede infatti che, per chi ha un reddito familiare sotto i 40mila euro, l’aumento delle tasse non potrà superare l’incremento dell’inflazione.
Questo significa che per il prossimo triennio accademico, si attuerà “l’incremento della contribuzione per gli studenti iscritti entro la data normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello il cui Isee familiare – si legge nell’emendamento – sia non superiore a 40mila euro non può essere superiore all’indice dei prezzi al consumo”.
Questo significa che per il prossimo triennio accademico, si attuerà “l’incremento della contribuzione per gli studenti iscritti entro la data normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello il cui Isee familiare – si legge nell’emendamento – sia non superiore a 40mila euro non può essere superiore all’indice dei prezzi al consumo”.
Considerando poi che i fondi riscossi dall’aumento delle tasse degli iscritti fuori corso verranno utilizzati per metà per incrementare il numero delle borse di studio e per l’altra metà per mettere in atto interventi di supporto, come per migliorare i servizi abitativi studenteschi e realizzare un migliore orientamento per le matricole, sul fronte universitario il Governo sembrerebbe davvero mettercela tutta: l’obiettivo è evitare lo scontro. Con le associazioni studentesche, ma non solo.