Categorie: Università e Afam

Università telematiche, intervenire subito attraverso regolamentazione per evitare proliferazione e malcostume

A pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto sulle Università telematiche redatto dall’apposita commissione di studio ministeriale che si è occupata, negli ultimi mesi, di analizzare il mondo degli Atenei virtuali, si è aperto un acceso dibattito tra i rettori delle stesse ed il ministro Carrozza, accusato di incompetenza per la durezza di alcune valutazioni contenute nel rapporto.
Dalla relazione emerge lo stato di poca chiarezza in cui si muovono queste istituzioni che, avvantaggiandosi di una legislazione poco chiara e spesso contraddittoria, hanno gestito fino ad oggi in maniera assolutamente arbitraria tanto il personale docente quanto l’erogazione di corsi di laurea e il rilascio dei conseguenti titoli di studio, aventi tuttavia lo stesso valore legale dei titoli di altre istituzioni universitarie.
Se è evidente la gravità della mancanza di chiarezza – dichiara Alberto Campailla, portavoce di Link – Coordinamento Universitario – nella verifica dei requisiti necessari per l’accreditamento dei corsi di studio, è ancora più grave la mancanza di indicazioni circa la ripartizione dei finanziamenti pubblici destinati ai suddetti istituti, in un periodo storico che vede l’università italiana in ginocchio a causa della mancanza di risorse“.
È necessario – continua Campailla – che il Ministero, realizzata questa situazione vergognosa che noi denunciamo da anni, proceda al più presto a regolamentare la materia per evitare ulteriori proliferazioni di questi atenei omogeneizzando la disciplina relativa con quella dell’intero sistema universitario, sia riguardo ai requisiti quantitativi che alla gestione del personale docente“.
Inoltre – conclude il portavoce di Link – è necessario che il Ministero, senza farsi condizionare dalle dichiarazioni dei rettori delle stesse università telematiche, privi queste ultime del finanziamento pubblico, così come andrebbe fatto anche per tutto il resto degli atenei privati, e restituire risorse a quelli pubblici più in difficoltà“.
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