Università troppo cara: aumenti fino al 167%

Dai dati riguardanti i contributi versati dagli studenti nelle università italiane e pubblicati dal Miur, emerge che dal 2004 al 2012 si è registrato un aumento importante delle tasse universitarie, per cui studiare pare sia diventato un privilegio e le iscrizioni all’università frenano, con buona pace di chi pensa che la laurea non serva a nella e che i nostri laureati siano anche troppi.
Il primo input, volto appunto ad alzare barriere alle iscrizioni universitarie, costringendo ad aumentare le tasse, è stato il taglio di un miliardo di euro dal Fondo di finanziamento ordinario, messo in opera dal Governo Berlusconi nel periodo che va dal 2008-2009 e difeso dalla ex ministra Mariastella Gelmini.
Una apparente guerra contro le baronie universitarie, che, se per un verso sono sempre rimaste tali, dall’altro li hanno invece indotti a rincarare le dosi annuali di tasse, cosicchè studiare diventa una prerogativa di chi può permetterselo. E infatti nel volgere di qualche anno le università hanno alzato le tasse ben oltre il 100% con punte anche più alte, fino a 167%, come l’Università del Salento.
Le università più virtuose, quelle che sono riuscite a contenere gli effetti della crisi finanziaria e dei tagli all’istruzione, sono ben poche, come l’università di Firenze, con un aumento del 4,7%, o il Politecnico di Torino che ha aumentato i balzelli del 14%.
Bisogna inoltre assommare a queste tasse le cosiddette spesa per la sopravvivenza, che è quella del carovita per affrontare la vita di ogni giorno. Se dunque le iscrizioni calano il motivo è ben visibile, rafforzato dall’idea della mancanza di lavoro e delle risibili opportunità che una laura sembra concedere.

Pasquale Almirante

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