Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di uno studente catanese rivolta a tutti gli insegnanti (non solo i suoi).
Cari professori e care professoresse,
Vi scrivo perché non riesco più a sostenere questo senso di vuoto che ci separa.
Oggi è accaduta una cosa che mi ha fatto riflettere molto, moltissimo, e allora ho deciso di scrivervi una lettera. Per cui mi trovo qui a dirvi, utilizzando l’unico mezzo che mi permette di rivolgermi a voi tutti insieme, come un sol gruppo, che io, personalmente, come credo anche molti dei miei compagni, mi sento solo.
La situazione in cui stiamo vivendo ci fa sentire estremamente soli e la scuola e i professori, il più delle volte, non aiutano.
Io sono preoccupato, davvero molto preoccupato.
Giustamente, in virtù dei tempi strettissimi con cui siamo costretti a confrontarci, tutti noi possiamo assistere come sia in atto una “corsa al voto” da parte di voi professori e, parallelamente, come molti di noi non sentano minimamente la voglia di concorrere.
Mi interrogo da tutto il periodo del Covid riguardo quest’ultimo argomento e sono arrivato ad una conclusione: c’è una sola verità agli occhi di noi studenti riguardo il rapporto tra professore e alunno, ovvero, che l’uno ha bisogno di poter dare un voto e che l’altro è tenuto a dargli questa possibilità.
Non ci ascoltate, non ci parlate e spesso e volentieri non sapete nulla riguardo i nostri interessi, riguardo cosa amiamo fare ed il perché amiamo farlo: non avete la ben che minima idea di cosa si celi dietro il voto di cui pretendete servirvi per descriverci.
Noi siamo la generazione dell’analfabetismo emotivo, facciamo, nella stragrande maggioranza dei casi, una fatica immane a relazionarci con il prossimo sentendo qualcosa di paragonabile ad un sentimento nei suoi confronti ed io credo davvero che la scuola non aiuti, credo che non aiuti per niente.
Non appena siamo rientrati dalle “vacanze”, se così si possono chiamare, nessuno, escluso un solo o una sola prof (evito il nome perché questa lettera, come direbbe Nietzsche, è per tutti e per nessuno) ci ha chiesto davvero che cosa abbiamo fatto, come ci siamo sentiti e che cosa pensiamo del futuro, del nostro futuro, che di certo, in questo periodo, fa fatica a potersi definire “prospettiva”.
Dunque ci troviamo in questo tempo senza senso, “costretti a studiare” sulla base della nostra “buona volontà”, il più delle volte convinti di dover semplicemente ottenere un voto, di fare il nostro dovere, di ritornarvi le nozioni che, in forma differente, ci sono state donate da voi in precedenza.
Sento un malessere incredibile causato da questa sensazione, vorrei poter andare a scuola e, oltre a dover studiare, sentire di avere un rapporto vero, umano, con voi o, perlomeno, non sentirmi l’unico ad averlo…
Noi abbiamo le nostre colpe, chiaramente, ma restiamo le vittime di questo tempo, non abbiamo qualcosa in cui credere e mi chiedo come potremmo averla se non troviamo delle motivazioni per cui studiare, che possano essere maggiormente valide di ottenere un buon voto o, diversamente, di “non farci più rimproverare” o “umiliare” a causa della nostra “negligenza”.
Dico tutto questo, cari professori e care professoresse, perché ho un estremo bisogno di voi. Ho bisogno di voi al pari di ogni vostro altro studente.
Abbiamo bisogno che ci guidiate verso il futuro e, perché no, che ce lo indichiate, se serve.
Abbiamo bisogno che ci educhiate e, soprattutto, abbiamo bisogno che crediate in noi, prescindendo dalle differenze e difficoltà di ognuno. So quant’è difficile; so che siamo umani e che quindi l’errore sta sempre lì, dietro l’angolo, pronto a ripresentarsi sgraditamente ogni qual volta ve ne sia l’occasione; so anche che con la DAD tutta questa situazione è davvero peggiorata, ma non possiamo arrenderci.
Cari professori e care professoresse, dobbiamo aiutarci l’un l’altro, perché, soprattutto e per l’ultima volta, noi abbiamo bisogno di voi.
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