Sulla scia dello sciopero di oggi, 14 novembre, si muove la protesta studentesca che vede moltiplicarsi gli istituti in occupazione o in autogestione. Le intenzioni degli studenti sono chiare: più di 1 su 2 è pronto ad occupare la propria scuola, sfidando i professori, i dirigenti scolastici e anche le leggi. Non tutti però sono consapevoli del gesto. Circa 1 su 4 non sa infatti che l’occupazione rappresenta reato. E’ quanto emerge da una ricerca di Skuola.net su circa 2mila studenti delle scuole superiori.
La maggioranza, tuttavia, è a conoscenza dei rischi a cui si va incontro mettendo catene e lucchetti ai cancelli. Quasi il 55%, però, è pronto a farlo nonostante tutto per fare sentire la propria voce. Un altro 22%, invece, pur sapendo di infrangere la legge pensa di rimanere impunito.
Infranto il mito che vede le occupazioni come una scusa per bigiare le lezioni. Solo 1 su 10 preferisce questa forma di protesta perché vale qualche giorno di vacanza. Il resto dei ragazzi crede davvero nell’efficacia dell’occupazione: c’è chi pensa che si attiri l’attenzione più facilmente che con altri metodi (42%) e chi, invece, pensa sia più efficace di scioperi, autogestioni o cogestioni (47%).
I problemi del sistema istruzione italiano è ciò che più preoccupa gli studenti e li porta ad occupare le scuole. Diritto allo studio, tagli all’istruzione, edilizia scolastica e via dicendo sono perciò gli argomenti alla base della maggior parte delle occupazioni E’ ciò che afferma ben il 54% degli intervistati. Uno su 3, invece, protesta per problemi specifici riguardanti la propria scuola. Questo importante impegno civile e politico non è condiviso da quel 10% circa di studenti che affermano di non trovare motivo migliore per partecipare all’occupazione di saltare la scuola. Ma c’è anche chi, invece, crede che farsi nuovi amici può essere una altrettanto valida motivazione (3%).
Nelle scuole italiane, però, c’è ancheuna buona fetta che dice no e, in assemblea, vota contro l’occupazione. Sono circa il 46% degli intervistati. La maggior parte di questi ragazzi, quasi 1 su 2, pensa che questa forma di protesta non possa risolvere in alcun modo i problemi della scuola. Uno su 4, invece, non ha alcuna voglia di saltare le lezioni per portare avanti la protesta. Ma c’è anche chi non è disposto ad occupare per rispetto dei professori e del dirigente scolastico, con cui c’è dialogo e un buon rapporto (11%) e chi, invece, pur volendo partecipare alla protesta ha troppa paura delle conseguenze (12%).
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Rispetto alla stessa ricerca effettuata nel 2013 da Skuola.net, i ragazzi si dimostrano più consapevoli e meno agguerriti. Cala infatti del 3% la percentuale dei ragazzi che si dicono pronti ad occupare la scuola, mentre aumenta quella di coloro che sono a conoscenza di infrangere la legge con il loro gesto: ben il 6,6% in più.
Per la generazione dei nativi di internet non poteva poi mancare il reportage foto e video di quella che, oltre a una protesta, è anche un’esperienza di vita collettiva. Instagram, Facebook, Twitter diventano così una piazza virtuale in cui si svolge una forma alternativa di mobilitazione, con le testimonianze provenienti da scuole occupate o autogestite. I video che raccontano la scuola quando la scuola si ferma, lasciano vedere solo l’entusiasmo, le idee e le iniziative di chi ci passa la maggior parte della giornata. C’è chi si riunisce e discute, chi gioca, chi spazza per terra, chi riprende, fotografa, e posta sui social. Come un vero reporter.
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